Sale e iodio nella alimentazione del bambino: certezze e controversie

 

Irene Rutigliano¹,

Angelo Campanozzi2

 

1 Pediatria,

IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”,

San Giovanni Rotondo (FG);

Dottoranda di ricerca, Università di Foggia

2 Pediatria, Università di Foggia

 

Il sodio (Na) è il principale elettrolita nei liquidi extracellulari, tra le sue azioni sono annoverate l’eccitabilità delle cellule nervose e muscolari, l’omeostasi cellulare e la regolazione del bilancio idro-salino. Naturalmente presente negli alimenti, in gran parte come Cloruro di Sodio, o addizionato a questi, il suo fabbisogno giornaliero viene di gran lunga superato con la dieta.

L’eccessiva assunzione di Na rappresenta un fattore di rischio modificabile per insorgenza di ipertensione arteriosa e di malattia cardiovascolare: circa 1,65 milioni di morti/anno a livello mondiale sarebbero imputabili all’eccessivo intake di sale.1




Nel 2003, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto la necessità di raccomandarne un consumo inferiore a 5 g/die nella popolazione adulta. Nel 2012, tali raccomandazioni sono state estese alla pediatria. L’eccessivo introito di Na in età evolutiva sembrerebbe essere responsabile dell’instaurarsi dei circuiti coinvolti nell’incremento della pressione arteriosa, con notevoli conseguenze in età adulta.

A queste osservazioni, se ne aggiunge un’altra di centrale importanza che individua il sale quale veicolo per la prevenzione della carenza di iodio. Lo iodio è oligoelemento essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei, la crescita e lo sviluppo neurologico. La strategia di prevenzione dei disturbi da carenza iodica proposta dall’OMS è basata sull’utilizzo del sale iodato; scelta ottimale perché il sale rappresenta uno dei pochi generi alimentari consumati in tutto il mondo e la tecnologia di fortificazione con iodio risulta poco costosa, semplice e ben standardizzata. Il sale quasi “demonizzato” diventa vettore di “salute”, condizione questa che potrebbe creare confusione tra verità e falsi miti.

 

Basta non aggiungere il sale nei cibi per rispettare le regole OMS. Falso.

Si parla di Na discrezionale per individuare il Na aggiunto come sale ai cibi in cucina, non discrezionale per indicare quello naturalmente presente negli alimenti o utilizzato nelle trasformazioni industriali. I prodotti industriali sono ricchi di Na “nascosto”, utilizzato per fornire il sapore salato, migliorare le proprietà organolettiche, esaltare il gusto, correggere sapori poco gradevoli e come conservante (Tabella).

In relazione al regolamento europeo (CE, 2006), gli alimenti commerciali a ridotto contenuto di sale vengono suddivisi in: a “ridotto tenore di sodio” se la concentrazione di Na è inferiore a 120 mg/100g, “a tenore molto basso di Na” se inferiore a 40 mg/100g, “a tenore bassissimo di Na” se inferiore a 5 mg/100 g di prodotto. Guardare le etichette nutrizionali permette una scelta consapevole degli alimenti.

Il sale non è presente nei cibi dolci. Falso.

In realtà, buona parte del Na assunto dai bambini deriverebbe da prodotti industriali: una grande porzione nascosta è presente nelle bevande zuccherate e negli snack “dolci”.2 I prodotti da additare sono gli alimenti processati e ultra-processati. Si tratta di alimenti trasformati, nella catena industriale, con aggiunta di sali, olii, zuccheri o processati per la produzione di biscotti, bevande, snack, gelati, ecc.

Il consumo di sale può creare dipendenza. Vero.

Studi sperimentali hanno mostrato che aumentare gradualmente il consumo di sale determina una sorta di dipendenza con necessità di un consumo sempre maggiore.3 Le esperienze gustative dei bambini vanno monitorate e direzionate per evitare di acquisire abitudini errate: l’abilità di selezionare e preferire il gusto salato comparirebbe già intorno ai 6 mesi di vita e le condotte alimentari della gravidanza sembrerebbero responsabili delle scelte gustative del nascituro. L’educazione alimentare deve iniziare in utero!

Come si coniugano
poco sale e iodoprofilassi: non è una contraddizione?
Assolutamente no.

Secondo la legislazione italiana, la fortificazione del sale avviene con 30 mcg/g di iodio, cioè 1 g di sale contiene circa 30 mcg di iodio. Questa concentrazione consente un adeguato intake giornaliero di iodio senza contrastare con le disposizioni di contenimento del sale (<5g/die). Inoltre, va sfatata la convinzione che lo iodio modifichi il sapore del sale: il sale iodato possiede le stesse caratteristiche organolettiche e sapore del sale comune.

Il sale marino o “grezzo” equivale al sale iodato. Falso.

C’è tendenza a confondere il termine sale iodato con il sale marino o grezzo. Per quanto il sale marino contenga un quantitativo di iodio leggermente superiore a quello comune, questo non risulta adeguato a supplirne le necessità giornaliere.

Perché non aumentare
la concentrazione di iodio nel sale?

Per evitare il rischio di eccessivo intake di iodio, causa di disfunzione tiroidea di variabile entità. In letteratura tra le cause di eccesso di iodio non vi è solo un consumo spropositato di alghe marine o di alimenti fortificati, ma anche di sale iper-iodato. Aumentare il contenuto di iodio nel sale rappresenterebbe una possibile causa di eccesso di iodio e delle sue conseguenze, soprattutto in mancata osservanza delle regole di contenimento del consumo di sale.

Chi soffre di patologia tiroidea non deve assumere sale iodato.

La ghiandola tiroidea è capace di regolare, con sistema di feedback, la sua funzione in base alla biodisponibilità di iodio. Studi condotti su topi predisposti a patologia autoimmune hanno dimostrato una relazione dose-dipendente tra tiroidite autoimmune e iodio, mentre analisi epidemiologiche hanno fornito risultati contrastanti. La tiroide nelle patologie autoimmuni sembrerebbe meno tollerante all’oligoelemento, ma, in generale, il sale iodato può essere utilizzato da tutti perché, alle concentrazioni di iodio nel sale fortificato disposte della legislazione italiana, il rischio di eccesso o intolleranza è praticamente inesistente.4

Chi abita in posti marittimi
può fare a meno di sale iodato?
Falso.

Una elevata carenza di iodio viene riconosciuta anche nelle popolazioni che vivono a ridosso delle coste marittime. Pesce e alghe marine rappresentano un’ottima fonte di iodio quando consumati regolarmente ma gli inquinanti ambientali determinerebbero una ridotta disponibilità di iodio nell’acqua, nel cibo e nell’aria delle zone marittime. Inoltre, la quantità di iodio assorbita con l’aria è trascurabile. Un’alimentazione priva di sale iodato sembrerebbe non soddisfare le necessità dell’oligoelemento anche nelle popolazioni che vivono a ridosso delle coste.

 

La situazione italiana in merito al consumo di sale e di iodio in pediatria non è delle migliori. Studi clinici hanno evidenziato che non solo il consumo di Na dei bambini e adolescenti eccede le attuali raccomandazioni, ma anche che una percentuale superiore al 40% della popolazione pediatrica non soddisfa il fabbisogno giornaliero di iodio.5,6 La prevenzione deve essere attuata attraverso regole semplici e chiare: 1) attento monitoraggio dello svezzamento; 2) limitare il consumo di sale “nascosto” degli alimenti industriali; 3) limitare il sale aggiunto a tavola e in cucina; 4) porre attenzione alle etichette nutrizionali; 5) educare ad una dieta varia e mediterranea... un pizzico di sale ma iodato

 

 

 

Bibliografia

1. Mozaffarian D, Fahimi S, Singh GM, et al. Global sodium consumption and death from cardiovascular causes. N Engl J Med 2014;371:624-34.

2. He FJ, Marrero NM, MacGregor GA. Salt intake is related to soft drink consumption in children and adolescents: a link to obesity? Hypertension 2008; 51: 629-34.

3. Teow BH, Di Nicolantonio R, Morgan TO. Sodium chloride preference and recognition threshold in normotensive subjects on high and low salt diet. Clin Exp Hypertens A 1985-1986;7:1681-95.

5. Campanozzi A, Avallone S, Barbato A, et al. High sodium and low potassium intake among italian children: relationship with age, body mass and blood pressure. PLoS One 2015;10:e0121183.

6. Campanozzi A, Rutigliano I, Macchia PE, et al. Iodine Deficiency Among Italian Children and Adolescents Assessed Through 24-hour Urinary Iodine Excretion. Am J Clin Nutr 2019;109:1080-7.