La formazione
degli specializzandi oggi

Come è cambiata e sta cambiando la formazione in Pediatria e quali riflessi ha

sui giovani specializzandi di oggi. Qual è il ruolo delle società scientifiche?

Quattro domande a

Alfredo Guarino

Professore Ordinario di Pediatria,

Università Federico II Napoli

1. Come cambia la formazione in Pe-diatria?

Le conoscenze mediche sono più “transitorie” rispetto al passato. In un editoriale su Lancet l’emivita delle conoscenze mediche è fissata a soli 4 anni e 8 mesi. Quindi una parte significativa delle conoscenze di uno specializzando è già divenuta “obsoleta” al termine del percorso formativo. Cambiano anche le condizioni organizzative, legali e - non ultime - finanziarie, che riguardano la medicina. Il medico è chiamato a modificare frequentemente il proprio operato e questi aspetti richiedono un cambio di prospettiva della formazione. La formazione basata sul sapere, saper fare e saper essere si estende al lavoro di gruppo, alla comunicazione, alle medical humanities e più complessivamente al cambiamento continuo che è divenuta parte fondante del “saper essere”.

2. Un pediatra generalista o un pediatra specialista?

La formazione in “Pediatria generale e specialistica” identifica nel pediatra una figura specializzata in “età” e oggi il pediatra è l’unico vero medico olistico. I percorsi attuali della specializzazione prevedono tuttavia 18 aree di competenze specialistiche nell’ambito della Pediatria. La scuola forma uno specialista in Pediatria generale che tuttavia può avere specifici interessi in aree culturali di elezione (ed è opportuno che li abbia). Parliamo quindi di un pediatra generale con competenze settoriali specifiche. L’attuale organizzazione delle cure primarie include la Pediatria di associazione in grado di coprire efficacemente l’intero arco dei problemi clinici di una vasta popolazione di bambini. In una Pediatria di associazione tutti faranno tutto, ma ciascuno avrà interessi e competenze specifiche coprendo i fabbisogni assistenziali. L’organizzazione delle cure in Pediatria ospedaliera è in qualche modo simile.

3. Come si riflette questo sulla formazione degli specializzandi?

La distribuzione della Pediatria è divisa equamente tra la Pediatria delle cure primarie e secondarie, che raccolgono oltre il 90% dei pediatri, mentre la quota residua degli attuali specializzandi lavorerà in centri di alta specializzazione. Questi scenari comportano la necessità di percorsi formativi ampi, eterogenei e flessibili, con un’alta frequenza di rotazioni, che possibilmente includa esperienze all’estero o in condizioni problematiche e con un importante peso della ricerca scientifica. È necessaria una rete formativa nazionale ed è opportuno che i docenti conoscano le moderne teorie di formazione e in particolare l’andragogia. Il termine si differenzia da Pedagogia (educazione del fanciullo) e implica un rapporto interattivo tra docente e discente. Lo specializzando “fresco” di studi ha la massima quantità di conoscenze aggiornate mentre il docente, oltre ad essere esperto in aree specifiche, ha una notevole esperienza e ovviamente conosce il “saper fare” e il “saper essere”. Nell’interazione tra docente e discente si realizza così uno scambio bidirezionale tra conoscenze e esperienza.

4. Come si coprono le necessità di formazione specifiche nelle diverse scuole?

Un importante ruolo nella formazione è svolto dalle società specialistiche in collaborazione con la Società Italiana di Pediatria (SIP). La Società di Gastroenterologia Pediatrica (SIGENP) ha organizzato, con la Società Italiana di Pedagogia Medica (SIPeM), un corso di formazione sul modello “Train the Trainers” per i suoi giovani docenti. Gli specializzandi stessi partecipano attivamente alla definizione dei percorsi formativi con l’osservatorio Nazionale degli Specializzandi in Pediatria (ONSP). Le competenze acquisite dagli specializzandi non hanno ancora un valore legale ma sono reali e spendibili sul piano professionale e sono descritte nel “diploma supplement”. In sostanza oggi la formazione è diretta a tutti (anche ai docenti che diventano discenti) e richiede una continua manutenzione per rispondere a necessità in continua evoluzione