L’esofagite eosinofila

Raccomandazioni e linee guida

da tenere in considerazione nella gestione

di una importante malattia infiammatoria cronica.

Quattro domande a

Paola De Angelis

Pediatra-Gastroenterologo

UOC Chirurgia Endoscopia Digestiva

IRCCS – Ospedale Pediatrico

Bambino Gesù, Roma

1. In sintesi, cosa intendiamo quando parliamo di esofagite eosinofila?

L’esofagite eosinofila (EoE) è una malattia infiammatoria cronica localizzata all’esofago, di presumibile eziopatogenesi immuno-allergica, caratterizzata da un’alternanza di periodi di remissione e di attività ed associata a disfunzione dell’esofago, per un’infiammazione prevalentemente eosinofila. È una delle più frequenti patologie esofagee, la maggior causa di esofagite cronica dopo la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE), e la causa più frequente di disfagia ed ostruzione da bolo alimentare (food impaction) nei bambini e nei giovani adulti.

L’incidenza è aumentata e varia da uno a 20 nuovi casi per 100.000 abitanti per anno. La prevalenza oscilla tra 13 e 49 casi per 100.000 abitanti; è più frequente nei maschi e nei pazienti con atopia.

La diagnosi si basa sul quadro clinico e sul riscontro di almeno 15 eosinofili /per High Power Field (HPF) in almeno un campione bioptico esofageo. Le terapie sono: la dieta (esclusione di più allergeni fino a diete elementari), i farmaci (inibitori di pompa protonica – PPI – e steroidi topici convalidati, terapie biologiche in corso di studio) e le dilatazioni endoscopiche (in stenosi serrate).

2. Quali sono i riferimenti in termini di raccomandazioni e linee guida su questa malattia?

Le prime raccomandazioni per la diagnosi e la terapia della EoE sono state formulate nel 2007, aggiornate nel 2011. Nel 2014, la Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione (ESPGHAN) ha fornito linee guida per la gestione dell’EoE nel bambino e nell’adolescente ancora utili nella pratica quotidiana per orientare l’approccio diagnostico e terapeutico. Vi sono, tuttavia, criticità relative alla definizione diagnostica, al follow up delle forme rispondenti ai PPI, al ruolo dei PPI nella storia naturale della EoE, alla correlazione con la MRGE secondaria, alle diete di restrizione a lungo termine, al timing e modalità di reintroduzione degli alimenti, ed infine alla reale applicabilità di farmaci alternativi a steroidi e diete.

3. Sono state pertanto “superate” le linee guida ESPGHAN 2014, oppure no?

Nel 2017, l’UEG, l’EAACI, l’ESPGHAN, e l’EUREOS hanno aggiornato le linee guida riguardo l’epidemiologia, i fattori di rischio, le condizioni associate, la storia naturale, il follow up a lungo termine, i criteri diagnostici ed il trattamento dell’EoE, secondo evidence based e raccomandazioni. Il gruppo di lavoro muldidisciplinare (gastroenterologi, allergologi, pediatri, otorini, patologi ed epidemiologi) ha incluso numerosi specialisti dell’adulto, formulando 45 raccomandazioni sulla patologia. La novità rispetto alle precedenti linee guida è rappresentata dall’introduzione dei PPI (effetto non solo acido-inibitore ma anche antiinfiammatorio, con riduzione della concentrazione degli eosinofili) come prima linea, alla stregua di dieta e steroidi, eliminando il trial con PPI per tutti.

4. Quali le novità e/o le conferme in termini di trattamento?

L’efficacia di qualsiasi terapia intrapresa va valutata endoscopicamente ed istologicamente dopo 6-12 settimane dal loro inizio. L’approccio terapeutico deve essere individualizzato in funzione di tanti aspetti anamnestici, clinici, endoscopici. La conoscenza di pattern genetici specifici per ogni fenotipo di EoE potrebbe guidare in modo più mirato il trattamento.

Tutte le precedenti acquisizioni relative al trattamento dell’EoE con farmaci diversi dagli steroidi locali e/o dalle diete di eliminazione, sono in attesa di validazione (azatioprina, antileucotrienici, antagonisti di CRTH2, mepolizumab e reslizumab, omalizumab, anti IL 13, anti TNF-alfa).

Rimangono ancora poco standardizzate le terapie di mantenimento per prevenire le recidive e mantenere a lungo la remissione.

Al momento, quindi, è suggerito un approccio integrato multidisciplinare, gastroenterologico, immunologico ed allergologico: l’identificazione precoce della terapia corretta per la fase acuta e di mantenimento potrebbe evitare la progressione verso il rimodellamento esofageo, le stenosi, le alterazioni croniche della motilità oltre che l’insorgenza di malnutrizione cronica soprattutto per i pazienti più giovani