Pazienti candidati ad intervento
chirurgico: tempo di protrombina
e di tromboplastina parziale attivata

Dal Reparto di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale di Magenta,
un esempio di collaborazione intraospedaliera nella diagnosi delle patologie emorragiche.

Enrico Bianchini1, Emilio Mevio2, Luciana Parola3,
Alessandro Porta3, Sergio Morra4, Alessandra De Alberti4

1 Presidio Ospedaliero di Magenta (Milano), A.O. Ospedale Civile di Legnano (Milano), U.O. Immunoematologia e Centro Trasfusionale-Magenta

2 Presidio Ospedaliero di Magenta (Milano), A.O. Ospedale Civile di Legnano (Milano), U.O. Otorinolaringoiatria

3 Presidio Ospedaliero di Magenta (Milano), A.O. Ospedale Civile di Legnano (Milano), U.O. Pediatria, Neonatologia e Patologia Neonatale

4 Presidio Ospedaliero di Magenta (Milano), A.O. Ospedale Civile di Legnano (Milano), U.O. di Anestesia e Parto Analgesia

Abstract

Il lavoro valuta la corrispondenza tra gli esami pre-operatori per lo studio dell’emostasi, quali tempo di protrombina (PT) e tempo di tromboplastina parziale attivata (PTT), nei pazienti sottoposti ad interventi chirurgici di otorinolaringoiatria e gli eventi emorragici occorsi nel periodo operatorio, peri-operatorio e post-operatorio. Sono stati valutati 687 pazienti, che sono stati suddivisi in quattro gruppi: un primo gruppo in cui non sono emerse alterazioni, un secondo gruppo che presentava PT > 1,21, un terzo con PTT > 1,21 e alterazioni, verosimilmente transitorie, a carico del “lupus anti coagulant” (LAC), ed un quarto gruppo con PTT > 1,21 in cui sono stati indagati i difetti coagulativi. I pazienti con età inferiore a 18 anni, circa l’80% del totale, sono stati seguiti dai colleghi dalla U.O. di Pediatria.

Grazie a questa valutazione preliminare non si sono verificati episodi emorragici, non c’è stato alcun utilizzo di emocomponenti od emoderivati e il decorso post-operatorio è avvenuto secondo le attese.

Alla base dell’attività descritta c’è stata la collaborazione fra le varie Unità Operative coinvolte.




Scopo del lavoro

Lo studio si è proposto di valutare i risultati dei test di coagulazione in pazienti sottoposti a intervento chirurgico elettivo presso la U.O. di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale di Magenta (Milano) nel 2014, correlando tali test agli episodi emorragici occorsi in quel periodo.

Ulteriore spunto offerto da questo lavoro è la proposta di un iter operativo semplice che si caratterizzi come percorso teso a ridurre il rischio emorragico intra- e peri-operatorio.

Presso l’Ospedale di Magenta, i pazienti che effettuano interventi in chirurgia elettiva, per interventi a rischio di sanguinamento, vengono sottoposti ad esami pre-operatori per la necessaria valutazione anestesiologica; tra questi test vi sono esami di routine che comprendono il PT e il PTT. Tale screening viene eseguito presso il Servizio trasfusionale dell’Ospedale di Magenta.

L’anestesista valuta l’idoneità del paziente all’intervento in stretta sintonia con i chirurghi e con il personale dei servizi diagnostici. I pazienti con età inferiore a 18 anni vengono specificamente seguiti dai colleghi dalla U.O. di Pediatria.

I pazienti candidati all’intervento eseguono, in mattinata, i prelievi ematici presso il Servizio prericoveri e il risultato è a disposizione dell’anestesista (e del pediatra, per i minori) entro le ore 11.00 dello stesso giorno. In caso di sospetto deficit della coagulazione il Servizio trasfusionale comunica all’anestesista la necessità di eseguire ulteriori test di verifica.

Nei nostri protocolli il PT viene espresso sia come INR che come Ratio (v.n. 0,80–1,20) mentre il PTT è refertato come Ratio (v.n. 0,80–1,20). Qualora il valore di uno di questi due test fosse al di sopra del valore soglia, il Servizio trasfusionale esegue d’ufficio test supplementari tesi a evidenziare alterazioni della coagulazione in modo da poter valutare, con celerità, l’idoneità all’intervento senza dover eseguire un nuovo prelievo.




Materiali e metodi

Sono state utilizzate provette vacutainer BDref 3643059 con sodio citrato 0,19 Molare da 2,7 ml Strumenti IL Werfen della serie TOP modello 700 e 500.

Tutte le provette prima di essere analizzate vengono controllate relativamente al loro corretto riempimento, emolisi e presenza di coaguli, venivano prima centrifugate a 3000 giri rpm per 10 min. Centrifuga Thermo Scientific mod. Megafuge 40; Freezer: - 80 °C Angelantoni.

Reagenti PT: Recombiplastin HemosIL; PTT: SyntASil HemosIL, DRVVT: dRVVT Screen HemosIL, dRVVT Confirm HemosIL; SCT: Silica Clotting Time HemosIL.

Fattore VII: Factor VII deficient plasma HemosIL; Fattore VIII: Factor VIII deficient plasma HemosIL; Fattore IX: Factor IX deficient plasma HemosIL; Fattore XI: Factor XI deficient plasma HemosIL; Fattore XII: Factor XII deficient plasma HemosIL; Fattore di von Willebrand :von Willebrand factor Antigen HemosIL; Fattore di von Willebrand: von Willebrand factor Ristocetin HemosIL., Controlli: HemosIL IL Werfen.

Le metodiche in uso sono certificate della ditta IL Werfen.

Risultati

Nello studio sono stati arruolati 687 pazienti afferenti all’U.O. di Otorinolaringoiatria durante il 2014, prendendo in esame PT e PTT.

Gli interventi chirurgici cui i pazienti sono stati sottoposti erano:

tonsillectomia

adenoidectomia

adenotonsillectomia

deviazione del setto nasale

decongestione dei turbinati nasali

asportazione di tumori benigni o maligni delle vie aeree superiori.

Sono stati esclusi dallo studio i pazienti in trattamento anticoagulante con warfarinici, NAO o eparine e inoltre e pazienti con ematocrito superiore a 50%.

L’età dei pazienti è risultata compresa tra 1 e 84 anni, con media di 27,8 anni; i pazienti con età inferiore a 5 anni hanno rappresentano l’80% della popolazione studiata.

La distribuzione per genere è stata: maschi 52%, femmine 48%.

Il PT della popolazione studiata ha presentato una media di 1,031 con DS +/- 0,111 mentre il PTT una media di 1,090 e DS +/-0,118.

Tre pazienti hanno presentato un PT superiore a 1,21, e 41 pazienti un PTT maggiore di 1,21. Non è stata eseguita la ricerca del Fattore XIII né la ricerca degli anticorpi antiemofilia acquisita.

In caso di valori superiori al valore soglia, sia per il PT che per il PTT, il Servizio trasfusionale ha eseguito d’ufficio ulteriori accertamenti a seconda del deficit sospettato, in modo da poter avviare il paziente all’intervento in tempi brevi (di solito entro 7 giorni dal prelievo).

Nei soggetti di età inferiore a 18 anni si preleva, di routine, una seconda provetta per coagulazione onde evitare di dover far ritornare il giovane paziente a ripetere un secondo prelievo di sangue.

pt oltre il valore soglia

In caso di PT superiore a 1,21, il plasma veniva posto in una provetta correttamente identificata e congelato a -35C°; il dato ottenuto veniva comunicato telefonicamente al Servizio prericoveri ed entro il 7° giorno veniva eseguito il dosaggio del Fattore VII (il test viene effettuato una volta alla settimana al fine di contenere i costi).

Sono così state riscontrate 3 carenze lievi del Fattore VII (Fattore VII mai inferiore a > 41%) e questi pazienti (0,4% del totale) sono stati sottoposti all’intervento senza complicanze emorragiche.

ptt oltre il valore soglia

In caso di PTT maggiore di 1,21, veniva eseguito il “test di miscela”: un PTT costituito dal 50% di plasma del paziente e 50% di plasma ottenuto da pool di donatori con valore noto. Se il risultato del “test di miscela” si normalizzava si sospettava la carenza di Fattori (vedi seguito) mentre se il risultato del “test di miscela” risultava ancora allungato (> 1,21) si ipotizzava la presenza di un inibitore. Si effettuava in questo caso una seconda centrifugazione del plasma per ridurre la presenza dei fosfolipidi piastrinici e, avendo i reattivi quotidianamente “a bordo macchina”, in giornata si eseguiva la ricerca del Lupus Anti Coagulant (LAC) sia con Silica Clotting Time (SCT) che con il test con veleno di vipera di Russel (DRVVT). La positività del test LAC faceva sì che il paziente fosse avviato alla valutazione anestesiologica, non evidenziandosi alcun apparente rischio emorragico.

È opportuno specificare che questi pazienti non avevano anamnesi personale o familiare positiva per diatesi emorragica né assumevano clorpromazina, idralazina (anamnesi raccolta dall’anestesista) e le piastrine erano sempre superiori a 140 x 109/L.




Viceversa, in caso di normalizzazione del “test di miscela”, si ipotizzava un difetto fattoriale e si prendeva in considerazione lo studio dei fattori della coagulazione VIII, IX,XI e XII eseguiti presso il nostro Centro, mentre la ricerca del Fattore di von Willebrand avveniva presso il C.T. di Legnano di cui il Servizio trasfusionale di Magenta fa parte. Presso il nostro Centro i Fattori della coagulazione vengono eseguiti una volta alla settimana, di conseguenza il plasma, posto in una provetta correttamente identificata, veniva conservato a - 35C°. Nel contempo il collega anestesista e il pediatra, per i minori, venivano avvertiti del possibile ed eventuale ritardo di refertazione a seguito degli accertamenti in corso.

In caso di Fattori della coagulazione notevolmente al di sotto del valore soglia, le nostre linee guida prevedono l’invio del paziente presso il Policlinico di Milano, Centro “Bonomi Migliavacca”, per la valutazione, i consigli e le indicazioni al trattamento.




In caso di Fattore XII al di sotto del valore soglia si avviava egualmente il paziente alla valutazione anestesiologica, considerandolo ininfluente ai fini del rischio emorragico.

Nei 3 pazienti che hanno presentato allungamento del PT, il Fattore VII non ha mai raggiunto valori inferiori al 41%: dalla letteratura risulta che tale valore è sufficientemente protettivo anche per interventi chirurgici maggiori.

Su 687 preoperatori sono stati riscontrati 41 pazienti (5,9%) con PTT superiore a 1,21. Questa è stata la loro distribuzione: 22 pazienti (3,2%) hanno avuto un test positivo al LAC mentre 19 pazienti (2,7%) hanno evidenziato difetti della via intrinseca della coagulazione (PTT) più o meno importante (Tabella 1).

I 41 soggetti con allungamento del PTT hanno presentato una media (del PTT) superiore a quella dei 687 pazienti studiati (1,33, contro 1,09 del totale). L’età media era di 12 anni contro i 27,8 delle intera popolazione presa in esame.

Sempre di questi 41 pazienti, con PTT > 1,21, 22 erano LAC positivi per uno o entrambi i test (SCT, DRVVT). 17 di questi 22 pazienti avevano un’età inferiore ai 7 anni. Non vi è stata distribuzione per genere significativa.

Nessuno presentava storia anamnestica correlabile a manifestazioni trombotiche o emorragiche.

Sarebbe stato interessante poter valutare la presunta transitorietà del LAC anche con ricerche per anticardiolipina e anti-beta2-glicoproteina, ma queste non sono state le priorità dell’attività sopra descritta. Non sono stati svolti studi infettivologici per poter studiare la correlazione tra LAC e malattie infettive.

I 19 pazienti (dei 41 con PTT > 1,21) con difetti coagulativi sono descritti nella Tabella 2.

16 di questi 19 pazienti avevano un’età inferiore ai 7 anni; non vi era distribuzione per genere significativa.

Nello specifico, i deficit della via intrinseca sono risultati di lieve entità tranne che per 3 pazienti:

un paziente con difetto di Fattore XI con valore del 41% (maschio caucasico di 5 anni),

un paziente con deficit di von Willebrand-Richof del 41% (femmina d’origine sudamericana di 3 anni con Fattore VIII 44%),

un paziente con deficit di von Willebrand- Antigene del 48% (femmina proveniente dalla Cina di anni 6 e Fattore VIII 41%) .

Questi 3 pazienti sono stati inviati in consultazione presso il Policlinico di Milano, Centro per lo studio dell’Emofilia “Bonomi Migliavacca”, per la valutazione e le indicazioni del caso e successivamente sono stati operati senza complicazioni presso il nostro Ospedale.

Discussione

Analizzando i dati in nostro possesso è stato possibile identificare 4 gruppi di pazienti (Figura 1).

1. Un primo gruppo, il più numeroso, senza alterazioni.

2. Un secondo gruppo con PT allungato (deficit F VII).

3. Un terzo con PTT > 1,21 e alterazioni, verosimilmente transitorie, a carico del LAC.

4. Un quarto gruppo con difetti coagulativi a carico dei fattori della via intrinseca (PTT). Questi ultimi soggetti possedevano un potenziale rischio emorragico.

1. Nulla da riferire sul primo gruppo.

2. Al secondo gruppo appartengono le carenze del Fattore VII. Livelli di Fattore VII inferiori a quelli normali (tra il 70 e il 140%) caratterizzano questo deficit, ma esso è sintomatico solo per valori inferiori al 30%. Una concentrazione di Fattore VII > 35% è sufficiente per garantire un’emostasi sicura. Nei nostri pazienti il deficit non è mai stato inferiore al 41%, e dalla letteratura tale valore risulta protettivo nei confronti degli eventi emorragici per cui si è proceduto, in tutti e tre i casi, all’intervento. Nell’evenienza di riscontro di bassi livelli di Fattore VII, la diagnosi differenziale si poneva con il deficit congenito, l’insufficienza epatocellulare, l’ipo-avitaminosi K, il deficit acquisito di Fattore VII associato a sepsi grave, l’assunzione di warfarinici, il malassorbimento oppure con la presenza di autoanticorpi rivolti contro il Fattore VII.







Il deficit congenito del Fattore VII della coagulazione è una malattia ereditaria emorragica rara, causata dalla riduzione/assenza di questo Fattore della coagulazione. La prevalenza è circa 1-3/500.000 casi. L’espressione clinica è molto variabile e non è stata osservata nessuna relazione consistente tra la gravità della sindrome emorragica e i livelli residui di attività del Fattore VII. Il quadro clinico può essere molto grave, con emorragie cerebrali o emartro ricorrente precoce, oppure con emorragie mucocutanee o emorragie durante interventi chirurgici. Diversi soggetti sono completamente asintomatici nonostante livelli molto bassi di Fattore VII. La malattia è trasmessa in maniera autosomica recessiva ed è causata dalle mutazioni del gene F7 che codifica il Fattore VII. Solo gli omozigoti o gli eterozigoti mosaico sviluppano la sindrome emorragica; gli eterozigoti sono asintomatici.

L’ipo-avitaminosi K può essere invece spiegata con carenze legate ad uno scarso apporto con la dieta di Vitamina K contenuta nella foglia verde e rappresenta il caso più frequente di riscontro occasionale di carenza del Fattore VII1-4.

3. Il terzo gruppo, che presentava anticorpi antifosfolipidi (APLA) sottoforma di LAC, non ha sviluppato episodi emorragici o trombotici nel periodo intra- e peri-operatorio e numerosi autori reputano che, soprattutto nei bambini, questi anticorpi siano correlabili a malattie infettive recenti oppure ancora in corso, e che siano transitori.

Per inciso, la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è stata descritta per la prima volta nel 1983 ed è una malattia caratterizzata da episodi di trombosi e/o perdita fetale ricorrente causata da un gruppo di autoanticorpi chiamati anticorpi antifosfolipidi. Si ritiene che questi anticorpi interferiscano con la coagulazione causando trombosi. La sindrome da antifosfolipidi è, dunque, una malattia autoimmune. Sono note due forme: 1) APS primaria, in individui con nessun altro apparente disordine autoimmune e 2) APS secondaria, in associazione con un’altra malattia autoimmune. La ricerca degli anticorpi antifosfolipidi è effettuata mediante tre metodiche: 1) test per il lupus anticoagulante DRVVT ed SCT conosciuti come LAC (Lupus AntiCoagulant), 2) test immunoenzimatico per gli anticorpi anticardiolipina (ACL),
3) test per anti-beta2-glicoproteina1. La diagnosi, otre che per criteri clinici, viene effettuata su criteri di laboratorio quali: positività per anticorpi anticardiolipina, anticorpi anti β2- glicoproteina I e/o LAC (2 o più determinazioni) riscontrabile in due o più occasioni a distanza di un intervallo almeno 12 settimane.

Un breve inciso sulla sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS). Originariamente si pensava che gli APLA fossero diretti contro i fosfolipidi, specialmente la cardiolipina; da qui i termini ‘anticorpi antifosfolipidi’. Recenti ricerche hanno rivelato che questi anticorpi sono, in realtà, diretti contro proteine del plasma legate ai fosfolipidi come la cardiolipina. La più conosciuta ed importante di queste proteine plasmatiche è chiamata beta2-glicoproteina1.

I termini “anticorpi antifosfolipidi” e “anticorpi anticardiolipina” sono quindi impropri; in modo più preciso si dovrebbe parlare di anticorpi anti-beta2-glicoproteina1, o anticorpi anti-proteine associate ai fosfolipidi. La beta2-glicoproteina1 è conosciuta per il suo ruolo nella coagulazione del sangue e nel metabolismo lipidico e si sta attualmente studiando la sua funzione precisa. La patogenesi della APS non è ancora chiaramente compresa. Alcuni individui possono presentare anticorpi diretti contro la cardiolipina ‘nativa’ e cioè anticorpi che si legano alla sola cardiolipina, senza l’intervento di proteine del plasma. Questi anticorpi antifosfolipidi sono in genere evidenziati in corso di infezioni. Altri autori evidenziano come, in alcuni casi, APLA si trovino in pazienti giovani, apparentemente sani con una prevalenza di 1–5% per entrambi gli anticorpi (ACL e LAC). Secondo Berube et al.5 nella maggior parte dei bambini la presenza di LAC non era accompagnata da complicanze cliniche ed era vista come fenomeno transitorio.




In uno studio retrospettivo su 95 giovani, tra 1 e 17 anni, nell’84% dei casi il riscontro della positività al LAC era del tutto casuale, con assenza di sintomi, rilevandosi un fenomeno transitorio.

In un’ulteriore studio retrospettivo su 100 pazienti d’età compresa tra 1 e 89 anni con LAC positivo, il test, nel 90% dei casi, si normalizzò entro 6 mesi. Secondo Olayemi e Alim6 circa il 2% dei soggetti normali può avere anticorpi anti LAC e la maggior parte degli anticorpi nei bambini è transitoria e non accompagnata da sintomi. La prevalenza di anticorpi antifosfolipidi, per Berkun e Kenet,7 è correlata a pregresse infezioni o vaccinazioni. Nella maggioranza dei casi gli anticorpi erano transitori e non patologici. Nel lavoro di Singh et al.,8 un PTT allungato nei bambini è spesso dovuto ad un LAC transitorio. La causa è da imputarsi ad infezioni virali o batteriche. Secondo Giannakoupolus et al.9 la positività per il LAC durante le infezioni non è associata ad anticorpi anti-beta2-glicoproteina1 e ciò è segno di assenza di malattia da anticorpi antifosfolipidi5–14.

4. Al quarto gruppo appartenevano i 19 pazienti con deficit di fattori dipendenti dalla via intrinseca. I deficit riscontrati erano lievi, ad eccezione di tre piccoli pazienti: il primo era un bambino di 5 anni che presentava un difetto di Fattore XI con valore corrispondente al 41% (v.n 60–140) e che, vista la non correlazione tra la gravità della sindrome emorragica e i livelli di attività del Fattore XI, abbiamo preferito inviare presso il Centro per lo studio dell’Emofilia “Bonomi Migliavacca”. Presso il Centro la diagnosi è stata confermata e, con le prescrizioni del caso, il paziente è stato operato senza complicanze presso il nostro ospedale. Gli altri due pazienti hanno presentato difetto del Fattore von Willebrand: una piccola di 3 anni con difetto di von Willebrand-Richof del 41% (v.n. 50–150) ed una bambina di anni 6 con difetto di von Willebrand-Antigene del 48% (v.n. 50–150). In entrambi i casi abbiamo preferito inviare le piccole in consulenza al Policlinico di Milano e, dopo conferma diagnostica, le pazienti sono state trattate presso il nostro ospedale15-18.

Conclusioni

Il lavoro svolto riveste un certo interesse poiché prende in analisi i test di coagulazione eseguiti in routine per investigare i pazienti avviati ad interventi di ORL in elezione. Analizzando il PT ed il PTT di 687 pazienti abbiamo potuto suddividere i pazienti in quattro gruppi: un primo gruppo senza alterazioni, un secondo gruppo (3 pazienti) con PT allungato (deficit Fattore VII mai inferiore a 41%), un terzo (22 pazienti) con PTT > 1,21 e alterazioni, verosimilmente transitorie, a carico del LAC e un quarto gruppo (19 pazienti) con difetti coagulativi a carico della via intrinseca. Di quest’ultimo facevano parte 3 bambini che, possedendo un rischio emorragico intrinseco, sono stati studiati presso il Policlinico, Centro per lo studio dell’Emofilia “Bonomi Migliavacca” e successivamente operati con successo presso in nostro nosocomio.

Sintetizzando, le possibili situazioni oggettivabili sono riassunte nelle seguenti categorie:

pazienti con PT allungato

Verosimile carenza di vitamina K (generalmente alimentare, dovuta a scarso apporto di foglia verde fresca, ad esempio insalata).

Difetto genetico da carenza di fattore VII (molto raro e solitamente incompatibile con la vita).

Nei soggetti adulti considerare se in terapia con anticoagulanti orali.

Pazienti con PTT allungato. Il laboratorio esegue test mix con plasma pool di donatori; è possibile ritrovarsi di fronte a due situazioni.

Correzione del test (il plasma del donatore “compensa” possibili carenze di fattori della coagulazione): verosimile carenza di Fattore VIII (emofilia A), Fattore IX (emofilia B), Fattore XI (emofilia C), deficit di Fattore von Willebrand, carenza di Fattore XII (quest’ultima ininfluente dal punto di vista coagulativo).

Mancata correzione del test: considerare la presenza di LAC.

– Nei bambini la positività del LAC è solitamente transitoria e conseguente a patologie infettive: in tal caso potrebbe essere utile ricontrollare il PTT a distanza di 2-3 settimane per confermarne la transitorietà.

– Causa patologica di incremento (non transitorio) del LAC è la sindrome da Anticorpi Anti Fosfolipidi (APS), patologia autoimmune caratterizzata da trombosi ricorrenti e poliabortività.

– Rarissima evenienza, ma che è doveroso ricordare, auto anticorpi nella emofilia acquisita.

L’esperienza da noi descritta appare facilmente ripetibile presso tutte le attività di chirurgia elettiva senza aggravio di costi e nel rispetto di tempi certi sia per gli operatori che per i pazienti. Significative, per questa attività, sono la collaborazione e la comunicazione tra i Reparti di Anestesiologia, Otorinolaringoiatria, Pediatria e Centro trasfusionale

Si ringrazia il personale del Servizo prericoveri

e il personale del settore Emostasi

del Centro Trasfusionale di Legnano (Mi);

un ringraziamento particolare ai Tecnici di Laboratorio

del Servizio trasfusionale e al personale infermieristico

del Servizio Prericoveri dell’Ospedale di Magenta.

Gli autori dichiarano di non avere

nessun conflitto di interesse.

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