Infezioni, e non solo, nel minore appena sbarcato




Rarissime le infezioni tropicali, elevata la prevalenza delle infestazioni elmintiche asintomatiche e della tubercolosi latente, meno rare le infezioni intercorrenti a carico dell’apparato gastroenterico e respiratorio. L’esperienza nel Poliambulatorio di Lampedusa

Francesco Scarlata

Infettivologo Pediatra, Palermo

Caso 1. Minore non accompagnato di anni 17, maschio, originario del Senegal, sbarcato da tre giorni, proveniente dalla Tunisia. Lamenta febbre con punte di 38,5°C e dolore all’ipocondrio dx che presenta alla palpazione discreta resistenza da contrattura antalgica. GB 12200/mm3 (N 83%)–PCR 50 mg/dl (vn 0–5). All’ecografia addominale modesta epatomegalia con ecostruttura conservata ed area rotondeggiante (diametro cm. 5 ca) a-ipoecogena, priva di rinforzo periferico (Figura 1).




Il sospetto di ascesso amebico epatico veniva confermato sierologicamente dopo il trasferimento in ospedale sulla terraferma. Si tratta della complicanza più frequente dell’amebiasi intestinale,infestazione che si contrae con l’ingestione di cibo o acqua contaminate da feci umane ove siano presenti cisti di Entamoeba hystolitica. La terapia si avvale dell’associazione di metronidazolo e paromomicina.1

Caso 2. Bambina ivoriana di anni 7, proveniente dalla Tunisia, dove aveva soggiornato per qualche mese in un campo profughi. Presenta vasta chiazza di alopecia, al centro di tipo cicatriziale (pregressa tigna favosa?), perifericamente compatibile con tinea capitis microsporica (Figura 2).




La trasmissione di tale infezione nei Paesi a risorse limitate è interumana mentre i rari casi osservabili in Europa sono prevalentemente a trasmissione zooantroponotica di Microsporum canis o altri dermatofiti degli animali da compagnia.2 In attesa che la bambina raggiungesse sulla terraferma il centro di accoglienza è stata iniziata terapia con itraconazolo x os e bifonazolo per via topica.

Caso 3. Minore non accompagnato di anni 16, maschio, originario dell’Eritrea, appena sbarcato, proveniente dalla Tunisia. Sul dorso delle mani e, in minor misura, sugli avambracci e ai glutei presenza di piccole lesioni produttive biancastre, ombelicate, non pruriginose (Figura 3).




L’ipotesi diagnostica ha inizialmente oscillato tra il vaiolo delle scimmie (medici in servizio al PTE) e il mollusco contagioso (il sottoscritto, attraverso la visione delle immagini da remoto). Trasferito presso UO di Malattie Infettive di Marsala, il vaiolo delle scimmie inizialmente veniva preso seriamente in considerazione ed escluso soltanto dopo la negatività della ricerca sulle lesioni del Monkey-Pox Virus. Il netto miglioramento dopo alcuni giorni di terapia antibiotica con amoxicillina-ac. clavulanico e il parere del dermatologo orientavano infine sulla diagnosi di lesioni cutanee impetiginizzate. La particolare reattività della cute nera con la formazione di elementi produttivi apigmentati è stato ancora una volta elemento fuorviante per chi è abituato ad osservare lesioni cutanee soltanto su pelle chiara.

Dei 157.652 migranti sbarcati nel 2023 a Lampedusa o, in misura modesta, sulle coste dell’Italia peninsulare, più di 17.000 erano minori, molti dei quali non accompagnati da familiari.

Il netto incremento nell’arrivo di minori, di tutte le età (incluso qualche neonato nato durante il viaggio, ancor che risulti prevalente la fascia adolescenziale), ha costituito a partire dal 2021 la più importante novità demografica nel processo migratorio, prima della stasi del 2020 costituito soprattutto da giovani maschi, con ricongiungimento dei familiari differito a dopo l’acquisizione di uno status giuridico che ne consentisse l’arrivo per vie legali.

Riguardo alle aree geografiche di provenienza, non siamo in possesso dei dati dei minori scorporati secondo la provenienza. Complessivamente il 40% circa degli immigrati proveniva dall’Africa sub-sahariana (in ordine numerico Guinea, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Mali, Sudan, ed altri), il 40% dal Maghreb e dal Medio Oriente (Tunisia, Egitto, Siria).

Dei minori sbarcati nel periodo marzo-dicembre 2023, meno del 10% presentava allo sbarco o nei giorni successivi significativi problemi di carattere sanitario.

Le patologie non infettive riguardavano lesioni traumatiche, ustioni solari, malnutrizione o sintomi derivanti dall’interruzione di terapie vs patologie croniche, come diabete insulino-dipendente o sindromi convulsive.




Tra le patologie infettive rarissime le infezioni tropicali, quali malaria, amebiasi, schistosomiasi. Verosimilmente elevata la prevalenza delle infestazioni elmintiche asintomatiche e della tubercolosi latente, nei confronti della quale (vedi oltre) un intervento precoce ridurrebbe il rischio di evoluzione in malattia tubercolare.

Meno rare le infezioni intercorrenti a carico dell’apparato gastroenterico e respiratorio.

Le infezioni tropicali: un rischio sopravvalutato

Nel gestire e pianificare l’assistenza all’immigrato “non sano” recentemente arrivato in Italia, particolarmente se proveniente dall’Africa Sub-Sahariana o dal sub-continente indiano (pakistani, afgani, banglini), il pensiero quasi inevitabilmente si rivolge alle infezioni tropicali.

In realtà si tratta di evenienze molto rare e questo perché il tempo che intercorre tra l’uscita dai Paesi di origine e l’ingresso in Italia è quasi sempre variabile tra alcuni mesi e qualche anno, durante i quali i migranti soggiornano in regioni costiere del Nordafrica o in Turchia, laddove sono oggi assenti infezioni quali malaria, dengue, filariosi, schistosomiasi, Zika ed altre ancora e ormai rare amebiasi e borrelliosi.

È possibile tuttavia osservare, seppur molto raramente, manifestazioni cliniche espressione della cronicizzazione di alcune di queste patologie: episodi febbrili da recidive di malaria da P. vivax o P. ovale, borrelliosi, disturbi intestinali o pseudo-ascesso epatico da Entamoeba hystolitica, ematuria da Schistosoma haematobium, tutte condizioni che difficilmente il non specialista è in grado di sospettare ma comunque non emergenziali e che possono essere adeguatamente indagate e trattate dopo il trasferimento presso centri di riferimento.

Le tristi esperienze dell’ultimo decennio (Ebola prima, SARS-CoV-2 poi) hanno d’altra parte suggerito di non trascurare la possibilità di nuove emergenze epidemiologiche: il Poliambulatorio di Lampedusa è da alcuni mesi dotato di un locale di isolamento respiratorio con una barella di biocontenimento adatta al trasporto di paziente con patologia altamente diffusiva.

Occhio alla cute e agli annessi cutanei

Le patologie più frequenti che si osservano nel minore di recente approdo sono quelle a carico della cute e degli annessi cutanei. Fortunatamente sono molto meno frequenti che negli immigrati adulti le lesioni riconducibili a percosse o a risse e, malgrado l’esposizione prolungata al sole durante il viaggio via mare, sono in genere piuttosto limitate le lesioni attiniche. È possibile osservare tuttavia una fine desquamazione 24-48 h dopo l’esposizione.

La pelle scura, che nelle sue diverse gradazioni è comune alla quasi totalità degli immigrati dal Sud del mondo, pur possedendo lo stesso numero di melanociti rispetto a quella del soggetto caucasico, è caratterizzata da melanosomi più grandi che giungono pressoché intatti allo strato corneo e, disperdendosi tra le cellule dell’epidermide, offrono una considerevole protezione dalle radiazioni UV nocive. L’epidermide nera è quattro volte più protettiva rispetto a quella bianca nei confronti delle radiazioni UV.3

Le patologie che si osservano frequentemente sono invece di ordine infettivo e questo per la promiscuità e la scarsissima igiene non soltanto durante il viaggio ma anche nelle settimane precedenti: scabbia, pediculosi e piodermite sono le forme più frequenti.

La risposta della cute alle lesioni infiammatorie e alle soluzioni di continuo e la possibilità di riconoscimento delle dermopatie, se nel nord-africano o nell’asiatico non differiscono sensibilmente dal soggetto caucasico, è notevolmente diversa nei neri e la conoscenza di tale peculiarità è fondamentale nella diagnostica dermatologica.

È ovviamente problematico sulla pelle scura il riconoscimento delle lesioni su base vasodilatativa (eritema-esantemi maculari), individuabili soltanto in zone in alcune etnie fisiologicamente meno scure (p.es. regioni mediosternale e laterali del tronco, superfice estensoria delle braccia) e talvolta anche degli esantemi maculopapulari: utile a tal proposito l’osservazione controluce e la rilevazione tattile, sfiorando la cute con i polpastrelli. La desquamazione post-esantematica è invece più evidente rispetto al soggetto caucasico, sia per una maggiore abbondanza delle squamette che per il contrasto di colore.

Del tutto atipici sono i processi riparativi delle discontinuità del mantello cutaneo, quali conseguenza di traumi anche modesti o di lesioni infiammatorie (vescicole, pustole, ulcere).

Si ha infatti una spiccata tendenza alla formazione di cicatrici esuberanti o di cheloidi. Inoltre, anche nei casi di processo riparativo non esuberante, mentre inizialmente, per la perdita di melanociti, spicca il colore più chiaro della zona lesa, il processo riparativo, stimolando la proliferazione dei melanosomi, comporta una iperpigmentazione delle aree già traumatizzate o flogosate così spiccata da distinguersi dal resto della superfice corporea. Ad esempio, le chiazze più scure che si osservano spesso agli arti inferiori sono gli esiti di piccole ferite o escoriazioni occorse in occasione di attività ludiche o lavorative.

Le patologie infettive più frequenti a carico della cute sono la scabbia e l’impetigine, a carico dei capelli la pediculosi e la tinea capitis.

La scabbia è in assoluto l’infezione più frequentemente riscontrata al triage effettuato sul punto di approdo, l’ormai tristemente noto “molo Favaloro”, porzione defilata del porto di Lampedusa.

Questa acariosi è ampiamente diffusa nelle aree tropicali e sub-tropicali e le oltremodo precarie condizioni igieniche e di affollamento sia nei mesi precedenti la traversata che durante il viaggio ne favoriscono la trasmissione tra i migranti.

L’individuazione dei piccoli cuniculi epidermici di pochi mm e dei loro osti microvescicolari, tutt’altro che semplice nei soggetti caucasici, è oltremodo complessa già nel bambino nordafricano o asiatico, presso che impossibile sulla pelle nera. Nella “real-life” della prima assistenza al migrante la diagnosi si avvale della ricerca di escoriazioni da grattamento, di lesioni eczematose o micropapulari in corrispondenza degli spazi interdigitali e delle pieghe cutanee (ascelle, polsi, gomiti, inguine).

Per la terapia ci si avvale del benzoato di benzile al 10% o al 20% sopra i 14 anni. Non ancora di uso corrente la ivermectina per os, recentemente commercializzata anche in Italia, che – ove si rivelasse efficace – potrebbe risultare di più semplice utilizzo, specie nelle condizioni di sovraffollamento degli hot-spot e dei centri di prima accoglienza.

La piodermite è una infezione cutanea stafilococcica (talvolta streptococcica) di tipo papulare ad evoluzione vescicolo-pustolare, ancora piuttosto diffusa in Italia ma che per problemi di elevata promiscuità e scarsissima igiene presenta spesso nei minori appena sbarcati estensione e severità clinica che di rado si osserva nelle nostre regioni. Frequenti i quadri clinici del tutto atipici in seguito a sovrapposizione a lesioni micotiche, acarosiche o traumatiche oltre che alla sopra accennata peculiare reattività della pelle scura.

Meno frequenti della scabbia ma comunque non rare sono le dermatofitosi e in particolare la tinea capitis. Tale infezione, da tempo di eccezionale osservazione nella popolazione italiana, riconosce come agenti eziologici diverse specie di dermatofiti appartenenti ai generi Microsporum e Trichophyton, alcuni a trasmissione zooantroponotica, altri (prevalenti nei paesi a risorse limitate) a trasmissione interumana e la cui azione cheratolitica si rende responsabile di diversi quadri clinici (tigna microsporica, tricofitica, favosa, kerion celsi, ed altri ancora) (Caso 1). La terapia si avvale della somministrazione per 2-8 settimane, secondo i casi, di griseofulvina 10-20 mg/kg/die x os insieme all’applicazione locale di azoli (p.es. ketoconazolo al 2%) e di shampoo al solfuro di selenio.

Molto più rare ma meritevoli di citazione in quanto pressoché peculiari delle aree tropicali e sub-tropicali la miasi cutanea (una sorta di foruncolo che si forma attorno ad una larva di insetto) e la larva migrans cutanea (lesione serpiginosa rossastra che, spostandosi, segue il percorso nel derma di una larva di specie di ascaride o ancylostoma abitualmente parassiti di animali).4

I migranti e il “virus di Lampedusa”: quando la povertà è un vantaggio

Frequenti sono nei migranti, in particolare nei bambini in età pre-scolare, i disturbi a carico dell’apparato digerente (vomito, diarrea, dolori addominali). Le precarie condizioni igieniche, prima, durante e subito dopo lo sbarco, particolarmente nei periodi di super-affollamento dei centri di prima accoglienza, favoriscono la diffusione di infezioni virali e batteriche. D’altra parte lo stress e una alimentazione precaria o comunque diversa da quella cui erano abituati favoriscono turbe dispeptiche non microbiche.

A cavallo fra i mesi di luglio e agosto 2023 si è verificata a Lampedusa una epidemia di gastroenterite a verosimile eziologia virale che ha colpito la gran parte delle famiglie, turisti inclusi.

L’epidemia presentava caratteri se non peculiari comunque inusuali, come la prevalenza del vomito, spesso unico sintomo, sulla diarrea e la contagiosità elevatissima (molti operatori sanitari, tra cui il sottoscritto, sono stati colpiti in forma non lieve) con incubazione di appena 36-48h, condizioni che rendevano plausibile una modalità di trasmissione non soltanto fecale-orale ma anche aerogena.

La diffusione dell’infezione del “virus di Lampedusa” (un norovirus?) all’interno dell’hot-spot (in quel periodo particolarmente affollato) avrebbe prodotto conseguenze non facilmente gestibili. Inopinatamente sono stati pochi i casi di gastroenterite fra gli ospiti della struttura: evidentemente sono stati protetti dall’ampio background immunitario nei confronti dei virus enteritogeni che posseggono individui a lungo vissuti in condizioni igieniche assai precarie.

Il problema della tubercolosi

La tubercolosi è tutt’oggi ampiamente diffusa nelle regioni a risorse limitate e d’altra parte le condizioni di vita dei migranti nelle settimane o nei mesi precedenti l’approdo in Italia favoriscono sia la diffusione dell’infezione tubercolare in ambienti sovraffollati che il passaggio dall’ infezione latente alla malattia, condizionata dall’iporesponsività immunitaria correlata alla malnutrizione.







Purtroppo, se si esclude la forma linfatica, la malattia tubercolare si esprime con quadri clinici significativi quasi esclusivamente nelle forme avanzate di tubercolosi polmonare (cavitazione emoftoe, molto rara nei minori) e nelle forme miliari, tra le quali la meningoencefalite è ancor oggi gravata da elevata mortalità e severi reliquati.

La tubercolosi latente non si accompagna ad alcun sintomo né ad alcuna variazione dei parametri ematochimici. Nella gran parte dei casi l’ipersensibilità agli antigeni tubercolinici rimane per tutta la vita l’unica cicatrice del pregresso contatto con il BK.

Tuttavia i bambini di età inferiore ai sei anni e gli immigrati indipendentemente dall’età sono parte di quei gruppi a più elevato rischio di viraggio dalla tubercolosi latente alla tubercolosi–malattia per i quali lo screening dell’infezione della tubercolosi (in passato impiegato su tutta la popolazione scolastica) trova ancora oggi indicazione (intradermoreazione di Mantoux oppure Quantiferon) in funzione della prescrizione ai positivi di un ciclo di sei mesi di isoniazide (10 mg/kg/die–max 300 mg) in monosomministrazione.5

In realtà, salvo eccezioni aneddotiche, per il concorso di diverse motivazioni più o meno pretestuose. nulla di quanto sopra viene messo in pratica.

In tutti i Paesi a risorse limitate è obbligatoria (e in larga parte praticata) la vaccinazione antitubercolare con BCG (Bacillo di Calmette-Guerin) nel lattante e in molti stati anche all’inizio della scolarizzazione (una o due piccole cicatrici ovalari in regione deltoidea è il reliquato di una vaccinazione “attecchita”) (Figura 4).




Il BCG riduce il rischio della tubercolosi miliare e quindi della meningoencefalite tubercolare ma non incide significativamente sulla tubercolosi polmonare cronica e d’altra parte buona parte dei vaccinati risultano positivi all’intradermoreazione di Mantoux. Pertanto il semplice impiego dell’intradermoreazione non può essere considerato una metodica utilizzabile quale screening della tubercolosi negli immigrati.

La “falsa positività” non si ha con il Quantiferon TB-gold, metodica tuttavia non soltanto molto più costosa ma che richiede un laboratorio di buon livello e che viene di norma utilizzata nel sospetto di tubercolosi–malattia in soggetti vaccinati o comunque nelle situazioni (sempre più frequenti) di mancanza della tubercolina.

In realtà uno screening costo–risultati accettabile potrebbe essere effettuato con l’intradermoreazione, riservando il Quantiferon ai soli positivi con evidenza di cicatrice vaccinale.

Pretestuosa appare un’altra motivazione intesa a giustificare l’inerzia: il probabile rilevamento della circolazione del micobattere nei minori di recente immigrazione in misura che, seppure non elevata, sarebbe comunque superiore rispetto alla popolazione italiana di pari età, potrebbe accentuare le diffidenze di fronte ai nuovi arrivati. In verità è ormai chiaro anche ai più ostili di fronte al fenomeno migratorio come le problematiche conseguenti non siano di ordine infettivo-trasmissivo e che d’altra parte sono i dati riguardanti le notifiche di tubercolosi (ormai similmente ripartiti tra immigrati e non, a fronte di un rapporto tra i due gruppi di popolazione di 1/9 circa) che possono se mai aumentare lo stigma. La diffusione, non preoccupante ma neppure trascurabile, della tubercolosi–malattia fra gli immigrati è d’altra parte in buona parte conseguenza dell’assenza di politiche di screening all’ingresso.

Conclusioni

Per quanto la legislazione italiana sull’accoglienza ai migranti sia al centro di controversie politiche e giuridiche, l’assistenza sanitaria nel punto di arrivo della così detta rotta del Mediterraneo Centrale è oggi su ottimi livelli organizzativi e vede l’impegno di figure professionali che spaziano dagli addetti al triage che attendono i migranti sul molo per smistare al Pronto soccorso isolano chi ha necessità di cure, agli specialisti delle varie branche che operano nel Poliambulatorio, fino agli operatori del 118 che con l’elisoccorso assicurano il rapido trasferimento negli ospedali siciliani dei pazienti critici. D’altra parte la nuova gestione dell’hot spot, affidata dal giugno 2023 alla Croce Rossa Italiana, si è mostrata in grado di organizzare il rapido trasferimento dei migranti, limitando a poche ore il sovraffollamento del centro, foriero di ulteriori problemi sanitari e gestionali.

In tale contesto la recente attivazione del PPIP ha assicurato ai piccoli migranti quella qualità nell’assistenza che soltanto il pediatra può loro assicurare.

Ringraziamenti. Si ringraziano, per aver fornito le figure 2 e 3, rispettivamente i colleghi del PPIP di Lampedusa Teodoro Guzzetta e Gabriella Polizzi, nonché il Dott. Francesco D’Arca (responsabile del Poliambulatorio di Lampedusa) e il Dott. Salvatore Vizzi (Responsabile UOC Cure Primarie ASP Palermo) per il supporto costantemente fornito all’assistenza pediatrica in questa Porta d’Europa.

L’autore dichiara di non avere alcun conflitto di interesse.

Bibliografia

1. Anesi JA, Gluckman S. Amebic liver abscess. Clin Liver Dis 2015; 6: 41-3.

2. Kelly BP. Superficial fungal infections. Pediatr Rev 2012; 33: 22-37.

3. Morrone A, Tchangmena OD. Pelle bianca e pelle nera. In: Morrone A (ed). Dermatologia delle popolazioni mobili. Roma: Società Editrice Universo; 2001: pp. 122-43.

4. Scarlata F. Elmintiasi extraintestinali. Area Pediatrica 2018; 19: 20-6.

5. Gori A. Tubercolosi. In: Moroni M, Esposito E, Antinori S (eds). Malattie Infettive. VIIIa ed. Milano: EDRA Masson, 2014: pp. 486-502.