Prevenzione e controllo di difterite, tetano, pertosse, poliomielite e meningite acyw135

L’adolescenza è un’epoca molto importante e delicata anche per quanto attiene all’implementazione della specifica strategia vaccinale che prevede i richiami dTpa-IPV
e ACYW135.

Rocco Russo

Unità Operativa Materno
Infantile, ASL Benevento

Malattie infettive come difterite, tetano, pertosse, poliomielite e meningite causate dai sierogruppi acyw135 risultano ben note per la possibilità di essere prevenute con uno degli interventi di sanità pubblica più sicuri ed efficaci: la vaccinazione.

L’obiettivo dei suddetti interventi di prevenzione primaria è, infatti, quello di conferire uno stato di protezione a quei soggetti che, per alcune condizioni epidemiologiche, di salute, occupazionali o comportamentali, sono esposti al pericolo di contrarre determinate infezioni. Ulteriore obiettivo è quello di ottenere la riduzione e, quando possibile, l’eradicazione di alcune malattie infettive per le quali non esiste una terapia o che possono essere causa di gravi complicazioni.

Paradossalmente, come ben noto, il netto calo dei casi di tali malattie prevenibili ha indotto la popolazione ad avere una ridotta percezione della loro gravità e di conseguenza a non riconoscere alle stesse vaccinazioni il valore del loro successo.

Nel corso del tempo l’esitazione nei confronti delle vaccinazioni, caratterizzata da indecisione, incertezza, ritardo, riluttanza, ecc., è stata certamente sostenuta e amplificata dalla facilità con cui chiunque può reperire informazioni contrastanti su internet e anche da molte altre motivazioni che spesso non hanno niente a che fare con gli stessi vaccini. Il crescente livello di criticità della “esitazione vaccinale” ha indotto la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (oms) ad inserirla, nel 2019, nell’elenco delle dieci minacce alla Salute globale.1 Secondo l’oms, il rischio dell’esitazione vaccinale, definita come riluttanza o rifiuto di vaccinare nonostante la disponibilità dei vaccini, rischierebbe di invertire in maniera rilevante i progressi compiuti nella lotta contro le malattie prevenibili.

Dal momento che gli strumenti a disposizione per valutare il grado di protezione della popolazione contro alcune malattie trasmissibili, così come l’efficacia dei relativi programmi di immunizzazione, risultano essere rappresentati particolarmente dalla periodica valutazione delle coperture vaccinali, corre l’obbligo di mettere in atto tutte le apposite sinergie per raggiungere e mantenere gli alti livelli di dette coperture vaccinali, che con l’attuale pandemia si sono particolarmente ridotti nelle varie fasce di età e in particolare quella adolescenziale.

Vaccinazione e adolescenza

Le criticità alla base della strategia vaccinale per questa fascia di età sono legate in particolar modo all’adolescente in quanto target difficile da intercettare, per diversi motivi, quali ad esempio: essere scarsamente sensibile o interessato alla prevenzione, per cui è difficile un coinvolgimento attivo, e molto spesso essere in rapporto conflittuale con la famiglia e/o desiderare autonomia sebbene sia ancora in una fase di dipendenza dalla famiglia stessa, ecc. Per tali motivi, tutte le figure sanitarie che ruotano attorno a lui (pediatra, medico di medicina generale, medicina di comunità, consultorio, servizio vaccinale, ecc.) dovrebbero mettere in atto strategie efficaci di comunicazione finalizzate a trasmettere le opportune informazioni inerenti gli aspetti fondamentali della prevenzione vaccinale.

Non bisogna dimenticare che proprio la prevenzione vaccinale nel periodo adolescenziale è estremamente utile sia ai fini della protezione individuale degli stessi adolescenti sia della riduzione collettiva del rischio infettivo. I giovani infatti possono essere spesso serbatoio di infezioni per bambini molto piccoli non vaccinati e anziani, entrambe categorie a maggior rischio di sviluppare forme particolarmente gravi di malattia; senza contare che la conoscenza e la consapevolezza acquisite da adolescente circa l’importanza della vaccinazione potranno essere spese quando si sarà diventati genitori. Immunizzare, dunque, l’adolescente con i vaccini significa garantirgli protezione per sé stesso, per la collettività in cui vive e anche per i suoi futuri figli.

Malattie prevenibili e importanza
dei richiami: dTpa-IPV

Come riportato anche dal vigente Piano Nazione di Prevenzione Vaccinale 2017-2019,2 l’adolescenza viene identificata come un momento molto importante sia per la somministrazione di richiami di vaccinazioni già effettuate nell’infanzia, sia per nuove vaccinazioni da effettuare elettivamente in questo periodo della vita. Tra i richiami viene raccomandata per tutti gli adolescenti l’immunizzazione contro difterite, tetano, pertosse e poliomielite utilizzando vaccini combinati con dosaggi antigenici previsti per l’adulto (dTpa-IPV), che si differenziano da quelli pediatrici (DTPa-IPV) per una ridotta quantità di antigeni (anatossina difterica ridotta di un decimo, antigeni della pertosse ridotti di un terzo) (Tabella 1).3,4




La riduzione della quantità di antigene è indicata nella sigla con la minuscola, “d” e “p”; anche l’anatossina tetanica è stata ridotta alla metà (ma viene ugualmente indicata con la lettera maiuscola T), senza che questo incida negativamente sull’efficacia del vaccino come richiamo in caso di ferite sospette con possibile contaminazione da tetano.

Per avere la garanzia di una migliore protezione nei confronti delle malattie prevenibili con vaccino, risulta essere di fondamentale importanza rispettare gli intervalli di tempo previsti per i richiami vaccinali, in quanto il titolo anticorpale specifico (ovvero la capacità di difesa immunitaria dell’organismo) per ogni singolo agente infettivo tende a ridursi man mano che ci si allontana dall’ultima somministrazione di vaccino. È quindi importante che, anche dopo l’ultimo richiamo in adolescenza, si ricorra alla azione anche in età adulta, ad intervalli regolari (ogni dieci anni) o in particolari momenti della vita (es. gravidanza); tuttavia, si sottolinea che non bisogna assolutamente sottovalutare l’importanza per la protezione del neonato dei richiami con dTaP per: gli operatori scolastici degli asili nido, gli operatori sociosanitari coinvolti nell’assistenza alla donna in gravidanza (percorso nascita) e a tutte le figure che accudiscono il neonato.

Difterite

È una malattia infettiva molto grave che si trasmette per lo più per via aerea con le goccioline emesse con la respirazione e attraverso il latte non pastorizzato. Tale malattia è causata da una sostanza prodotta da un particolare batterio: Corynebacterium diphtheriae.

Questo batterio produce una sostanza tossica (tossina difterica) che è in grado di provocare gravi lesioni a molti organi fra cui il cuore e i reni, e forma – nel naso, in gola e nella laringe – particolari membrane che possono portare addirittura al soffocamento. Circa 5-10 casi su 100 possono essere mortali.

La vaccinazione antidifterica è disponibile in Italia dal 1929 e resa obbligatoria per i nuovi nati dal 1939. Agli inizi del 1900, si registravano ogni anno nella popolazione infantile circa 20-30 mila casi di difterite e circa 1500 decessi, mentre dopo l’entrata in vigore dell’obbligo vaccinale, i casi di malattia calarono fino a diventare, ad oggi, pochi e sporadici.

L’ultimo caso in età infantile si verificò nel 1991, in una bambina non vaccinata e nella quale portò al decesso.

In questi ultimi anni, nei Paesi dell’Europa Orientale, per una diminuita adesione alle campagne vaccinali, si sono verificate gravi epidemie di difterite.

A seguito di queste gravi epidemie e della persistenza della malattia in tutto il mondo, il Ministero della Salute raccomanda di proseguire i richiami di questa vaccinazione insieme a quella antitetanica, oltre che nell’età infantile, anche negli adolescenti e negli adulti per mantenere una buona difesa dalla malattia nella popolazione.

Anche se non esiste uno specifico correlato sierologico di protezione contro la difterite, una serie di evidenze scientifiche ha dimostrato che un livello di antitossina inferiore a 0,01 UI/mL risulterebbe non essere protettivo nei confronti dell’infezione difterica,5 mentre livelli anticorpali superiori a 1,0 UI/mL risulterebbero essere associati ad una protezione più a lungo termine.6




Tetano

Il tetano è una malattia infettiva causata da un batterio (Clostridium tetani) che si trova soprattutto nel terriccio, nel letame, nell’asfalto e nel tratto digerente di alcuni animali (bovini, equini, ovini) che lo eliminano con le feci. Il batterio del tetano può sopravvivere per lunghi periodi di tempo in condizioni sfavorevoli poiché si conserva in forma di “spora”, cioè si circonda di un involucro protettivo molto resistente.

Clostridium tetani può entrare nel corpo umano attraverso una ferita anche banale e produrre una sostanza (tossina) che colpisce il sistema nervoso causando una forte contrazione dei muscoli financo la morte quando ad essere colpiti sono i muscoli respiratori (insufficienza respiratoria). Il paziente rimane lucido e gli spasmi muscolari, provocati da stimoli anche minimi, gli causano fortissimi dolori. Non esistono esami di laboratorio per confermare la diagnosi, che resta essenzialmente clinica.

Attualmente il tetano colpisce soprattutto persone anziane, non vaccinate o vaccinate in maniera inadeguata. Al contrario di quanto avviene per le malattie che si trasmettono da persona a persona, quindi, il raggiungimento di coperture vaccinali elevate non consente di ottenere un effetto di protezione indiretta di popolazione (herd immunity). Inoltre, la presenza ubiquitaria nell’ambiente delle spore tetaniche rende impossibile l’eliminazione della malattia; per cui ogni individuo non adeguatamente vaccinato risulta essere potenzialmente a rischio di contrarre questa infezione.

Nel nostro Paese la vaccinazione antitetanica, prima dell’entrata in vigore della Legge sull’obbligo vaccinale per l’accesso a scuola (Legge del 31 luglio 2017, n. 119), è stata resa obbligatoria dal 1938 per i militari, dal 1963 (Legge del 5 marzo 1963, n. 292) per i bambini nel secondo anno di vita e per alcune categorie professionali considerate più esposte a rischio di infezione (lavoratori agricoli, allevatori di bestiame, ecc.). Dal 1968 la somministrazione è stata anticipata al primo anno di vita e il calendario vaccinale vigente prevede la somministrazione di tre dosi al terzo, quinto e dodicesimo mese di età. Una dose di richiamo (associata con le componenti contro la difterite-tetano-pertosse-polio: DTPa-Polio) viene eseguita nel sesto anno e un’altra a 14 anni (difterite-tetano-pertosse-polio a “ridotto” contenuto di anatossina e Pertosse: dTpa-Polio).

Il tetano rientra tra gli agenti patogeni per i quali è stato identificato uno specifico correlato sierologico di protezione, cioè un livello anticorpale al di sopra del quale l’individuo risulterebbe essere protetto dalla malattia. Nel caso dello stesso tetano, tale tipo di correlato generalmente risulterebbe essere pari a 0,01 UI/mL misurato mediante test di neutralizzazione in vivo. Il riferimento a tale cutoff risulta essere principalmente il frutto di appositi studi su animali finalizzati ad identificare gli specifici effetti protettivi dell’immunizzazione attiva e passiva; in ogni caso bisogna sempre tenere presente che un livello anticorpale protettivo contro la tossina tetanica non esclude una diagnosi di tetano, che resta sempre di tipo clinico, escludendo altre forme: il tetano ipocalcemico, reazione da fenotiazina, avvelenamento da stricnina e isteria.

Pertosse

La pertosse è una malattia causata da un batterio (Bordetella pertussis) ed è una delle malattie più contagiose che si conoscano. Questa malattia, detta anche tosse “canina”, ha un decorso particolarmente grave se contratta nel primo anno di vita, in quanto i continui e prolungati accessi di tosse causano delle vere e proprie crisi di soffocamento; inoltre a questa età sono più frequenti gravi complicazioni a carico del sistema nervoso (encefalopatia), con possibili danni permanenti, causati sia dalla scarsa ossigenazione del sangue durante gli accessi di tosse, sia dall’azione diretta di una sostanza tossica prodotta dal batterio della pertosse. L’encefalopatia in alcuni casi estremi può causare anche la morte del bambino. Altre possibili complicazioni sono laringiti, broncopolmoniti e convulsioni. Il periodo di incubazione va da 5 a 21 giorni, e di solito è di 7-10 giorni. La via principale di trasmissione della Bordetella pertussis avviene da una persona all’altra, attraverso il contatto diretto o con le goccioline di saliva espulse dalle persone infettate quando tossiscono o starnutiscono. La pertosse inizialmente si manifesta con starnuti, secrezioni dal naso, febbre lieve, tosse con catarro; in seguito si accentua la tosse che si manifesta con vere e proprie “raffiche”, a volte seguite da vomito. Questa fase è detta “convulsiva” e dura circa 4 settimane.7 È seguita dalla fase di “convalescenza”, nella quale gli attacchi di tosse diventano gradualmente meno intensi e frequenti. I pazienti sono più contagiosi nella fase iniziale della malattia e nelle prime due settimane successive alla comparsa della tosse.

Negli ultimi anni si è registrato uno slittamento dei casi di pertosse verso le fasce di età maggiori (adolescenti e giovani adulti); tale fenomeno può essere dovuto particolarmente ad una aumentata capacità diagnostica della stessa malattia anche nelle forme meno tipiche dell’adulto;8 sebbene altri fattori, come l’aumento della virulenza dei ceppi di pertosse, una migliore diagnosi dei casi grazie a test più sensibili e una migliore sorveglianza estesa a tutte le fasce di età, possano avere un ruolo importante, ma soprattutto non bisogna sottovalutare l’aumento dei casi di pertosse quale conseguenza della ben nota perdita di immunità nel corso del tempo.9 Tuttavia, la pertosse rimane spesso non diagnosticata ed è probabile che il numero reale di casi in tutte le fasce d’età risulti essere anche più elevato dei casi segnalati; per tale motivo è di fondamentale rilevanza l’attenzione da porre nei confronti del mantenimento dell’alta protezione nel corso degli anni, con il rispetto degli intervalli di tempo previsti per gli specifici richiami.

Negli adulti l’andamento della malattia è spesso più lieve ed è caratterizzato da una forma di rinite e tosse secca notturna, non grave ma di lunga durata. Queste forme “attenuate”, spesso non riconosciute, non sono tuttavia da sottovalutare in quanto costituiscono frequentemente occasione di contagio per neonati e lattanti.

Anche se dagli studi europei inerenti all’efficacia dei vaccini contro la pertosse, effettuati negli anni ’90, si sono registrati notevoli progressi nella comprensione dei meccanismi immunologici della Bordetella pertussis, a tutt’oggi non risulta essere ancora noto uno specifico correlato sierologico di protezione; l’esperienza della vaccinazione in gravidanza, quale protezione del neonato, induce ad attribuire alle IgG un ruolo protettivo, ma esistono evidenze che attribuiscono anche alle IgA mucosali lo stesso ruolo di protezione nei confronti di tale batterio.10

Sebbene l’obiettivo principale della maggior parte degli studi riguardanti la definizione di correlati immunitari verso Bordetella pertussis sia incentrato sulle risposte degli anticorpi sierici, vi è una crescente evidenza che sia necessaria anche l’immunità cellulare per un’efficace clearance dell’infezione primaria; in ogni caso, dal momento che gli anticorpi contro la pertosse, indipendentemente se acquisiti da vaccinazione o da infezione naturale, vanno incontro ad un decadimento relativamente rapido nel tempo (4-12 anni dopo la vaccinazione dell’infanzia e 4-20 anni dopo l’infezione acquisita naturalmente11), si rende necessario fare richiami vaccinali nel tempo.

È bene precisare che l’assenza di un correlato sierologico di protezione per alcune patologie e per alcuni vaccini non significa nella maniera più assoluta che il superamento della stessa malattia o l’esecuzione della vaccinazione non risultino essere in grado di conferire un’immunità efficace e duratura, ma solo che, al momento, esistono delle particolari difficoltà che impediscono di identificare uno specifico correlato di protezione, quali ad esempio: nello stabilire il momento dell’infezione, relativa novità del vaccino o dell’identificazione della malattia, ecc.

Poliomielite

È una malattia molto grave, causata da tre tipi di poliovirus (sierotipo 1, 2 e 3), dei quali il tipo 1 risulta essere quello maggiormente causa di paralisi e più frequentemente responsabile di epidemie. I poliovirus presentano una serie di caratteristiche che li rendono “eradicabili”: hanno un unico serbatoio naturale che è l’essere umano, benché anche i primati più in alto nella scala evolutiva possano essere infettati sperimentalmente e talvolta naturalmente, non esistono portatori cronici o vettori animali che possano perpetuare la circolazione di poliovirus selvaggi.

In un recente Report dell’ecdc,12 per i rifugiati ucraini viene ribadita con fermezza la priorità che dovrebbe essere data alla protezione contro le malattie infettive facilmente trasmissibili e possibilmente associate a esiti gravi, come il Covid, il morbillo e la poliomielite. La vaccinazione primaria, con vaccini combinati che coprono difterite, tetano, pertosse, poliomielite e malattie invasive causate da Haemophilus influenzae tipo b (Hib), dovrebbe essere offerta ai neonati e ai bambini, così come ai migranti adulti di recente arrivo, che abbiano storia vaccinale incerta o assente, viene raccomandata l’offerta attiva del vaccino antipolio.

Al fine di garantire alti livelli anticorpali protettivi contro la polio, tra le novità del vigente Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 è stata prevista per gli adolescenti una quinta dose di vaccino antipoliomielite (vaccino combinato tetravalente: dTpa/IPV) che costituisce una valida alternativa migliorativa, in termini di potenzialità preventive, rispetto al richiamo dTpa previsto fino a pochi anni orsono per gli adolescenti.

Sulla base di quanto descritto è di fondamentale importanza che il “mantenimento dello stato polio-free” resti sempre una strategia prioritaria di prevenzione primaria, adeguatamente sostenuta e valorizzata dal Sistema sanitario con l’obiettivo della messa in atto di specifici interventi territoriali, finalizzati a ridurre il rischio della reintroduzione del poliovirus, attraverso l’aumento delle coperture vaccinali, la profilassi internazionale, il rafforzamento della sorveglianza delle paralisi flaccide acute (PFA) e della sorveglianza ambientale.

Meningite acyw135

La Neisseria meningitidis è un diplococco Gram-negativo caratterizzato da 13 sierogruppi capsulari, tra i quali quelli A, B, C, W, X e Y risultano essere, a livello globale, maggiormente causa di patologie invasive.

L’incidenza della malattia meningococcica, varia nel corso del tempo per età e distribuzione geografica e risente molto anche dell’impatto del cambiamento di alcuni fattori di rischio comportamentali, quali ad esempio il fumo, inclusa la sua esposizione passiva, tra gli adolescenti e i giovani adulti.

L’impatto della malattia meningococcica presenta un picco di maggiore incidenza sia nel primo anno di vita sia nella fascia di età adolescenziale ed adulta oltre i 60 anni. Esistono anche degli specifici fattori di rischio di malattia meningococcica invasiva e ricorrente in alcuni pazienti affetti da: deficit della porzione terminale del complemento, asplenia anatomica o funzionale.

L’infezione viene trasmessa particolarmente da paziente con colonizzazione asintomatica del tratto respiratorio superiore attraverso la via aerea e con contatto stretto.

La disponibilità di un vaccino coniugato quadrivalente ACYW135, offre una grande opportunità per garantire, soprattutto nella fascia pediatrica e adolescenziale, la migliore protezione contro i gravi danni causati da questi specifici sierogruppi.

In alcune Regioni il vaccino Men acyw135 coniugato viene offerto alla coorte 13°-15° mese di vita in sostituzione della dose di Men C, prevista dal vigente Piano Nazionale Vaccini 2017-2019. Tale decisone nasce soprattutto per offrire ai bambini una protezione più ampia per quei ceppi di meningococco che, pur ancora sporadici nel nostro Paese, mostrano una tendenza all’espansione, principalmente in conseguenza dei cambiamenti climatici, dei viaggi, e dei movimenti migratori. Per la seconda coorte 12°-18° anno di vita, viene raccomandata una dose di vaccino Men acyw135 coniugato da effettuare sia ai soggetti mai vaccinati in precedenza, sia ai bambini già immunizzati nell’infanzia con Men C o Men acyw135.

Dopo il compimento del dodicesimo mese di vita, al fine di ridurre gli accessi e facilitare il raggiungimento degli specifici obiettivi di copertura vaccinale e considerando soprattutto i dati di sicurezza ed efficacia, è possibile cosomministrare la prima dose di vaccino anti-meningococco acyw135 coniugato con la prima dose di mprv, cosi come la seconda dose di vaccino anti-meningococco acyw135 coniugato può essere regolarmente cosomministrata nella fascia di età adolescenziale con la quinta dose di dTpa-IPV.




In generale, i potenziali benefici di un vaccino, quali promozione della salute e del benessere, protezione dalla malattia e dalle sue conseguenze fisiche, psicologiche e socio-economico, devono essere valutati rispetto al potenziale rischio di eventi avversi a quel vaccino. Un importante criterio relativo alla sicurezza, che le autorità regolatorie considerano, è proprio la valutazione rischio/beneficio di un determinato intervento vaccinale in una particolare popolazione; anche nel caso dei vaccini contro la difterite-tetano-pertosse-polio e meningococco i benefici della vaccinazione risultano essere nettamente superiori ai rischi conseguenti alla stessa malattia infettiva (Tabella 2 e 3)6,13.

In ogni caso, l’indicatore per eccellenza dei programmi di immunizzazione risulta essere il raggiungimento e mantenimento nel tempo degli alti livelli di coperture vaccinali (CV), che ci offrono l’opportunità di recepire valide informazioni circa gli eventuali interventi da implementare sul territorio per rendere sempre più efficace lo stesso intervento di prevenzione primaria; grazie all’entrata in vigore della legge sull’obbligo vaccinale per l’accesso a scuola,14 i livelli di coperture vaccinale inerenti la V dose dTpa e IPV nei sedicenni e della vaccinazione antimeningococcica acyw135 sono aumentati sensibilmente rispetto agli anni precedenti, ma l’impatto della stessa pandemia non ha permesso di migliorare tali obiettivi in questa specifica fascia di età15 e di raggiungere i livelli di coperture auspicate (95%), con elevata eterogeneità tra le diverse regioni (Figura 1 e 2).




L’auspicio è che le istituzioni e tutti gli operatori, tradizionalmente impegnati nelle attività di prevenzione, continuino a mettere in atto strategie sempre più adeguate e condivise, finalizzate a creare opportuni ed efficaci sistemi di educazione, informazione e formazione per l’intera popolazione e in particolare per la fascia adolescenziale: solo con l’accettazione cosciente e responsabile di un atto preventivo di fondamentale importanza quale è appunto la vaccinazione, da intendersi come un palese segno di progresso, civiltà e salvaguardia della salute pubblica in tutto il mondo, si potrà realizzare il sogno di eradicare e/o contenere le malattie infettive potenzialmente gravi e a rischio di ospedalizzazione, di complicanze e di decesso. .

L’autore dichiara di non avere

alcun conflitto di interesse.

Bibliografia

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