Le vaccinazioni in gravidanza

L’immunizzazione materna in gravidanza è una sfida culturale: serve condividere i principi di base che regolano la protezione immunitaria nella madre, nel feto e nel neonato e diffondere la consapevolezza della efficacia del trasferimento di immunoglobuline dalla madre al feto.

Giovanni Corsello

Professore Ordinario di Pediatria

Università di Palermo

Introduzione

La gravidanza è un periodo di grandi cambiamenti biologici innescati dai complessi processi di crescita e di sviluppo del prodotto del concepimento. Durante la gestazione il sistema immunitario mostra talora una minore capacità di contrastare le infezioni. La gravida e il neonato possono essere particolarmente vulnerabili ad alcune infezioni, con alti indici di morbilità e mortalità. Alcune infezioni contratte dalla gestante possono inoltre trasmettersi verticalmente dalla madre al figlio, in relazione ad un passaggio transplacentare che è generalmente più significativo nel corso del II e del III trimestre.

La somministrazione di alcuni vaccini in età fertile e durante la gravidanza offre l’opportunità di proteggere la donna e il neonato dal rischio legato a infezioni che possono essere contratte durante la gestazione, nel periodo del travaglio e del parto e nei primi mesi di vita.1 In particolare, una vaccinazione effettuata in gravidanza è in grado di fornire protezione sia alla donna che al feto e al neonato, attraverso il trasferimento di anticorpi materni per via transplacentare e attraverso l’allattamento al seno. L’efficacia protettiva degli anticorpi materni ha una durata variabile, che dipende principalmente dalla entità della trasmissione diaplacentare e dal tasso di decadimento degli anticorpi acquisiti passivamente dal feto. La trasmissione delle immunoglobuline di tipo G (IgG) attraverso la placenta è un processo selettivo, attivo che si svolge mediante pinocitosi intracellulare, che inizia verso la 17a settimana di gestazione e progressivamente aumenta fino alla 40a settimana.2 Tuttavia, i livelli di IgG fetali sono influenzati da diversi fattori, tra cui l’età materna, la concentrazione delle immunoglobuline nel sangue materno, la presenza di eventuali anomalie della placenta, il tipo di vaccino ricevuto, l’età gestazionale alla nascita e il tempo intercorso tra la vaccinazione e il parto.

Non vi sono evidenze di rischio fetale legato alla vaccinazione della gestante con vaccini a microrganismi inattivati o con tossoidi.3 Come previsto dal vigente Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV), nel corso di ogni gravidanza sono raccomandate le vaccinazioni contro difterite-tetano-pertosse (dTpa) e influenza (se la gestazione include il periodo della stagione influenzale). Particolare attualità hanno assunto negli ultimi anni le vaccinazioni antipertosse e antinfluenzale in gravidanza in relazione all’aumento dei casi di malattie respiratorie gravi da pertosse e influenza in epoca neonatale e nei primi mesi di vita, quando gli effetti delle vaccinazioni secondo calendario non sono ancora attivi e immunizzanti.

Vaccinazione antipertosse

La pertosse è una malattia respiratoria causata da un batterio che infetta le cellule epiteliali delle vie respiratorie, la Bordetella pertussis. L’infezione è altamente contagiosa e viene trasmessa attraverso le goccioline di Flügge. La gravità delle manifestazioni cliniche è correlata inversamente all’età. La fascia di età a maggior rischio è quella dei neonati/lattanti che non hanno ancora ricevuto la vaccinazione. La pertosse contratta nei primi mesi di vita può infatti avere esiti gravi, talora fatali. Più del 90% delle morti si verifica nel primo anno e oltre l’80% nei primi 3 mesi. In questa fascia d’età la pertosse può inoltre rendersi responsabile di gravi complicanze respiratorie e neurologiche. Il danno a carico del sistema nervoso centrale può essere particolarmente grave con sequele permanenti quali disabilità intellettiva, cecità, sordità, paralisi dei nervi cranici. Poiché la fonte di infezione è frequentemente rappresentata dalla madre e la protezione conferita passivamente da madri infettate dal bacillo della pertosse o vaccinate molti anni prima è labile e incostante, la vaccinazione dTpa durante ogni gravidanza, anche se la gestante sia già stata vaccinata o sia in regola con i richiami decennali o abbia precedentemente contratto la pertosse, assume un grande rilievo in termini di prevenzione. Va inoltre considerato che l’elevata età media al concepimento contribuisce a ridurre i livelli di immunoglobuline materne. Pertanto, vaccinare in gravidanza consente il trasferimento passivo di IgG in grado di proteggere il neonato/lattante fino allo sviluppo di una protezione attiva attraverso la vaccinazione, a partire dal terzo mese di vita.4 Secondo le attuali raccomandazioni emanate dal Ministero della Salute, il periodo raccomandato per effettuare tale vaccinazione va dalla 27a alla 36a settimana di gestazione, e si colloca idealmente intorno alla 28a settimana, al fine di consentire alla gestante la produzione di anticorpi sufficienti anche in termini di conseguente passaggio transplacentare. Sebbene la vaccinazione possa essere effettuata in qualsiasi epoca della gravidanza, quanto più ci si avvicina alla data presunta del parto, tanto minore potrebbe essere l’efficacia protettiva nel neonato. La concentrazione degli anticorpi specifici inizia infatti ad aumentare circa due settimane dopo la vaccinazione materna. È stato proposto di anticipare l’esecuzione della vaccinazione al II trimestre per il raggiungimento di adeguati titoli anticorpali anche nel nato pretermine. Ciò aumenterebbe il tempo utile per il passaggio delle immunoglobuline materne attraverso la placenta. Gli studi relativi alla vaccinazione materna nel I trimestre non hanno mostrato vantaggi significativi in termini di protezione del nascituro, né d’altro canto evidenze di rischi per il feto. In considerazione del fatto che gli anticorpi antipertosse si riducono progressivamente con il trascorrere del tempo, è raccomandato effettuare la vaccinazione dTpa ad ogni gravidanza, indipendentemente dallo stato immunologico e dal livello anticorpale materno, per garantire il passaggio di IgG ad alto titolo ad ogni nascituro. Nei casi in cui la vaccinazione non sia stata effettuata durante la gravidanza, si raccomanda di proporla subito dopo il parto al fine di permettere il trasferimento degli anticorpi materni attraverso il latte, sebbene il passaggio di anticorpi al neonato sia inferiore rispetto a quello ottenuto somministrando il vaccino in gravidanza. Nel caso specifico, il passaggio riguarda principalmente le immunoglobuline di tipo A (IgA) e in misura minore le IgG e le immunoglobuline di tipo M (IgM) contenute nel colostro e nel latte maturo e in grado di conferire protezione nei primi sei mesi di vita. Va tuttavia ribadito che l’efficacia della vaccinazione effettuata in gravidanza è maggiore rispetto alla vaccinazione eseguita nel post-partum. Per tale motivo la vaccinazione durante l’allattamento non deve essere considerata una alternativa rispetto alla vaccinazione in gravidanza. È stato segnalato negli ultimi anni un rischio più alto di pertosse nei primi mesi di vita nelle popolazioni europee, compresa quella italiana. Ciò è stato attribuito principalmente a due fattori concomitati: un titolo di anticorpi protettivi più basso nelle donne la cui età media al concepimento si è fatta progressivamente più elevata e la maggiore diffusione della Bordetella pertussis dopo la riduzione delle coperture vaccinali indotta dalla proliferazione delle posizioni no vax emerse negli anni scorsi in molte popolazioni influenzate da social network e gruppi ideologizzati in senso antiscientifico.




Vaccinazione antinfluenzale

Linfluenza è una malattia respiratoria trasmessa attraverso le goccioline di Flügge o il contatto diretto o indiretto con le secrezioni respiratorie infette. La gravità delle manifestazioni cliniche è variabile; in alcuni casi l’infezione può comportare ricovero ospedaliero e complicanze gravi quali polmoniti virali o batteriche secondarie che possono condurre ad exitus specialmente i soggetti defedati e con compromissione del sistema immunitario. L’influenza rappresenta un importante problema di salute pubblica e una rilevante fonte di costi diretti e indiretti che il sistema sanitario deve sostenere per la gestione dei casi e delle complicanze della malattia. In particolare, nelle gravide l’influenza stagionale aumenta il rischio di ospedalizzazione, aborto, parto cesareo, prematurità, basso peso alla nascita, distress respiratorio neonatale. Anche nei lattanti al di sotto dei sei mesi di vita, l’influenza aumenta il rischio di manifestazioni cliniche gravi e di complicanze. La vaccinazione antinfluenzale è raccomandata e offerta gratuitamente alle donne in qualsiasi epoca della gravidanza se la gestazione si verifica nel corso della stagione influenzale. Dato che nei lattanti di età inferiore ai 6 mesi la vaccinazione non conferisce una protezione sufficiente, i vaccini antinfluenzali attualmente disponibili non sono autorizzati per l’uso in questa fascia di età. Vaccinare la donna in gravidanza ha un effetto protettivo sul neonato grazie al passaggio di anticorpi materni che inizia dopo circa due settimane dalla vaccinazione. È stata infatti dimostrata nei nati da madri vaccinate una riduzione significativa del rischio di contrarre l’infezione e del rischio di ospedalizzazione ma anche un rischio significativamente ridotto di prematurità e basso peso alla nascita e di sviluppare infezioni delle alte vie respiratorie nei primi 12 mesi di vita.5 Data l’indicazione alla vaccinazione annuale per influenza, è raccomandata la ripetizione della vaccinazione in ogni gravidanza anche se ravvicinate nel tempo. Il vaccino anti-influenza può essere somministrato insieme al vaccino dTpa e durante l’allattamento.

Vaccinazioni controindicate in gravidanza

Alcune vaccinazioni non sono raccomandate in gravidanza per motivi precauzionali o per l’assenza di un rischio consistente di infezione, altre per mancanza di dati; molte possono semplicemente essere rimandate, mentre sono controindicati i vaccini con virus vivi attenuati. In particolare, i vaccini antimorbillo-parotite-rosolia (MPR) e antivaricella non vanno somministrati, sebbene la somministrazione accidentale alla gestante non sia stata associata ad un aumento del rischio di aborto o di malformazioni fetali e non rappresenti quindi indicazione all’interruzione volontaria di gravidanza. Nel caso in cui la gestante non sia immune nei confronti di morbillo, parotite, rosolia o varicella, è importante che venga vaccinata entro le prime settimane dal parto. Peraltro, essendo ben documentato il rischio di danno embrio-fetale correlato con tali infezioni quando contratte per la prima volta in gravidanza, tutte le donne in età fertile e, in particolare, in epoca preconcezionale, dovrebbero essere sottoposte a vaccinazione, affinché al momento di inizio della gravidanza, abbiano regolarmente ricevuto il vaccino da almeno un mese. Se contratto in gravidanza, il morbillo si associa infatti a un maggior rischio di complicanze e mortalità materne rispetto all’atteso. È stato inoltre dimostrato un rischio maggiore di aborto spontaneo, morte intrauterina, parto pretermine, specie quando l’infezione viene contratta precocemente entro il secondo trimestre di gravidanza. L’infezione in prossimità del parto può infine determinare un maggior rischio di morbillo nel neonato, condizione che si associa a una significativa mortalità. La rosolia è pericolosa soprattutto quando viene contratta nel primo trimestre di gravidanza. In tal caso il rischio di danno embrio-fetale si colloca intorno al 90% e consiste principalmente in aborto spontaneo, morte intrauterina del feto, gravi malformazioni fetali a carico di diversi organi, difetti della vista, sordità e ritardo dello sviluppo psicomotorio.




Anche la parotite, se contratta durante le prime 12 settimane di gravidanza è associata a un maggior rischio di aborto spontaneo, tuttavia non è descritto un aumento del rischio di malformazioni nel feto. Infine, la varicella, se contratta durante la prima metà della gravidanza, potrebbe causare gravi lesioni alla cute, all’apparato scheletrico, agli occhi e al sistema nervoso. In accordo con il PNPV 2017-2019 è prevista l’offerta attiva per i vaccini anti-MPR e antivaricella nelle donne in età fertile in fase preconcezionale 2. Si consiglia dunque di verificare lo stato immunitario della donna nei confronti di morbillo, parotite, rosolia e varicella e di procedere alla vaccinazione con due dosi di vaccino intervallate di 1 mese in assenza di immunizzazione anche solo verso una delle suddette infezioni. A scopo cautelativo, sono inoltre controindicate in gravidanza la vaccinazione anti-rotavirus, la vaccinazione BCG (antitubercolare) e quella orale antitifica.

Vaccinazione anti-Covid-19

Le attuali schedule vaccina- li dei vaccini anti-Covid-19 a mRNA, messi a punto nel corso del 2020 e del 2021 in relazione all’emergenza pandemica da SARS-CoV-2, prevedono in modo esplicito la compatibilità della vaccinazione con la gravidanza e con l’allattamento al seno. In questo senso si sono espresse con documenti di consensus ufficiali le società scientifiche dell’area materno-infantile, quali la SIP, la SIN e la SIGO.6 In un tempo di emergenza sanitaria come il nostro, la donna non deve essere costretta a optare tra la scelta di una gravidanza e quella di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid-19. Questo vaccino, infatti, può essere somministrato in sicurezza sia nel periodo della gestazione che durante l’allattamento. Allo stato attuale delle conoscenze, pur in assenza di dati certi sulla sicurezza e sulla efficacia nelle donne in gravidanza e allattamento, i vaccini anti-Covid si ritengono sufficientemente sicuri anche in queste particolari condizioni. I vaccini a mRNA, cioè con virus non vivo, non possono indurre infezioni o danni a distanza anche perché le particelle di mRNA vengono rapidamente degradate. La donna deve effettuare la sua scelta in modo consapevole, essere informata sui livelli di circolazione del virus, sui rischi derivati dall’infezione da Covid in gravidanza, sia per la madre che per il feto (rischi che aumentano quando l’età materna è uguale o superiore ai 35 anni, in presenza di comorbilità pregresse come asma, obesità, ipertensione o in caso di appartenenza a etnia nera o altre minoranze etniche); la non disponibilità di dati relativi al vaccino in gravidanza (gli attuali vaccini non sono stati ancora testati). Infine, l’occupazione professionale come operatrice sanitaria o caregiver in contesti in cui l’esposizione al virus è alta rappresenta un ulteriore elemento di rischio aggiuntivo da considerare nel decidere se vaccinarsi o meno in gravidanza e allattamento. La sicurezza e l’efficacia dei vaccini testati su così larghe fasce di popolazioni rende possibile e necessaria la protezione del feto e della donna in gravidanza o in fase di allattamento in corso di circolazione epidemica del virus. È infatti alto il rischio di prematurità e di patologie materno-fetali legate all’infezione intrauterina da SARS-CoV-2. Anche in corso di allattamento le evidenze e la plausibilità biologica sono a favore di una vaccinazione in sicurezza sia per la madre sia per il neonato. Il passaggio di immunoglobline protettive attraverso il latte materno conferisce una ulteriore spinta verso la protezione specifica.




Conclusioni

L’immunizzazione materna in gravidanza è una sfida culturale avanzata in termini di prevenzione, che presuppone un lavoro di squadra svolto da tutti gli stakeholder del mondo delle professioni sanitarie, dei media, delle istituzioni e dei cittadini.7 È necessario condividere i principi di base che regolano la protezione immunitaria nella madre, nel feto e nel neonato per le malattie infettive prevenibili con vaccini sicuri e scevri da rischi e complicanze sfavorevoli. È indispensabile diffondere la consapevolezza della efficacia del trasferimento di immunoglobuline dalla madre al feto attraverso la placenta e attraverso il latte materno nella resistenza alle infezioni nella vita intrauterina e nei primi mesi dopo la nascita, quando maggiore è il rischio di patologie infettive gravi e di mortalità e difficili o impossibili altri interventi efficaci di terapia o di prevenzione .

L’autore dichiara di non avere

alcun conflitto di interesse.

Bibliografia

1. AA.VV. Vaccinazioni raccomandate per le donne in età fertile e in gravidanza. Ministero della Salute, Roma, Novembre 2019.

2. Chu HY, Englund JA. Maternal immunization. Clin Infect Dis 2014;59:560-8.

3. AA.VV. Update on immunization and pregnancy: tetanus, diphteria, and pertussis vaccination. ACOG Committee Opinion Summary 2017, n. 718.

4. Campbell H, Gupta S, Dolan GP, et al. Review of vaccination in pregnancy to prevent pertussis in early infancy. J Med Microbiol 2018;67:1426-56.

5. Shakib JH, Korgenski K, Presson AP. Influenza in infants born to women vaccinated during pregnancy. Pediatrics 2016,137:e20152360.

6. Davanzo R, Agosti M, Cetin I, et al. Breastfeeding and COVID-19 vaccination: position statement of the Italian Scientific Scieties. Ital J Pediatr, in press.

7. Wilson RJ, Paterson P, Jarrett C, Larson HJ. Understanding factors influencing vaccination acceptance during pregnancy globally: a literature review. Vaccine 2015;30:6420-9.