Modalità di introduzione

dell’alimentazione complementare

L’atteggiamento e le abitudini relative al divezzamento, come emergono
da una survey italiana condotta tra i pediatri di libera scelta sul territorio italiano.

Quattro domande a

Patrizia Alvisi

Responsabile del Programma

di Gastroenterologia Pediatrica
Azienda USL di Bologna,
Ospedale Maggiore, Bologna

1. Qual è il ruolo dell’alimentazione complementare, e quali gli eventuali rischi di prese di posizioni diverse?

L’introduzione dell’alimentazione complementare (AC) rappresenta una fase di crescita per il lattante e la famiglia e si identifica con quel periodo in cui sono introdotti nella dieta del bambino alimenti diversi dal latte con concomitante riduzione graduale della quota lattea, sia materna o adattata. L’AC giocherebbe poi un ruolo significativo sulla salute futura del lattante. Sappiamo dalla letteratura che modelli nutrizionali diversi durante le prime fasi della vita possono condizionare lo sviluppo futuro, il metabolismo e la salute del bambino. Studi condotti negli ultimi anni hanno dimostrato che secondo il cosiddetto “programming metabolico”, il periodo di introduzione dell’AC può essere considerato un “periodo sensibile” della vita, durante il quale l’ambiente può influenzare la predisposizione genetica, modulando il rischio di sviluppare malattie come obesità, diabete, patologie cardiovascolari. È esperienza comune rilevare una disomogeneità nelle proposte di AC, in particolare nel timing di introduzione, nella tipologia degli alimenti proposti, nelle modalità di preparazione degli stessi, ecc. Si passa infatti da chi propone l’assaggio di qualsivoglia alimento in qualsiasi momento a chi segue un rigido e obsoleto calendario di introduzione. Inoltre scelte dietetiche alternative dettate da mode o ideologie, come ad esempio la dieta vegana, possono influire negativamente sullo sviluppo psicofisico del bambino, soprattutto quello più piccolo, e se non attentamente monitorate e supplementate possono portare a danni organici irreversibili. Mi preme sottolineare comunque che l’introduzione di cibi solidi deve essere considerata una pratica assolutamente naturale, troppo “medicalizzata” negli anni passati, che va pensata come una naturale attitudine del lattante.

2. “Complementary feeding in the first year of life: a survey from Italian primary care paeditricians”, di cosa si tratta?

Della prima indagine svolta su tutto il territorio nazionale, in collaborazione con Gastroenterologia e Nutrizione pediatrica dell’Ospedale Meyer di Firenze ed alcuni pediatri di libera scelta, presso 665 pediatri di libera scelta distribuiti abbastanza uniformemente tra Nord, Centro e Sud e riguardante le modalità di introduzione dell’alimentazione complementare. In particolare venivano rivolte quattro semplici domande, riguardanti il timing di introduzione dell’AC, il tipo di schema alimentare proposto, se venivano consigliati prodotti dell’industria e se veniva fornito alle famiglie uno schema scritto.

3. Quali i risultati principali?

Dai dati emersi risulta che il timing di introduzione è quello proposto dalle raccomandazioni internazionali europee ed è attorno al 5°-6° mese di vita, al Sud viene suggerita una introduzione un po’ più precoce, ossia attorno al 4° mese; il 60% dei pediatri italiani suggerisce la classica “pappa salata” e tale modello prevale al Sud, mentre al Nord ed al Centro si sta facendo strada un modello alimentare con assaggi dalla dieta dei genitori. Per ciò che riguarda invece l’“autosvezzamento”, viene proposto solo dal 12% dei pediatri italiani con particolare riguardo ad alcune zone fra cui parte sia della Romagna che dell’Umbria. Dalla maggioranza dei pediatri viene suggerito l’utilizzo di preparati industriali così come nel 90% vengono forniti schemi scritti per l’AC.

4. Quali considerazioni sono da trarre dalla vostra survey?

Uno dei dati che emerge è quello riguardante la nuova modalità di introduzione degli alimenti solidi, in particolare la proposta di piccoli assaggi di cibo consumato dalla famiglia. Questo gli darebbe la possibilità di provare gusti diversi, di diversificare maggiormente la sua dieta e, secondo recenti dati della letteratura, di sviluppare una tolleranza ad alimenti diversi. Questa nuova modalità di AC, che prevede la pappa salata con possibilità di fare anche piccoli assaggi del cibo della famiglia, potrebbe essere la giusta scelta alimentare per i motivi sopra esposti e andrebbe incentivata in sostituzione dei rigidi schemi del passato. Il pediatra di libera scelta, che occupa un posto centrale nella cura del bambino, deve avere un ruolo ancora più importante nel fornire le giuste indicazioni dietetiche alla famiglia (es. non salare gli alimenti fino al 1° anno di vita, non proporre bevande zuccherate, non ritardare l’introduzione di alimenti allergizzanti quali il pesce e l’uovo, ecc.) e deve essere disponibile ad aiutare i genitori, senza diffidenza anche in caso di scelte non condivise, quali quelle dello svezzamento vegano o dell’autosvezzamento in senso stretto