Diagnosi, trattamento e prevenzione
dell’obesità del bambino e dell’adolescente

Consensus della Società Italiana di Pediatria e della Società Italiana di Endocrinologia
e Diabetologia pediatrica
(Prima parte)

G. Valerio Giuliana1, Giuseppe Saggese2,
Claudio Maffeis3 (coordinatori)

1 Dipartimento di Scienze Motorie e del Benessere,
Università Parthenope, Napoli

2 Dipartimento di Pediatria, Azienda Ospedaliero
Universitaria Pisana, Pisa

3 U.O.C. di Pediatria ad Indirizzo Diabetologico e Malattie
del Metabolismo, Università e Azienda Ospedaliera
Universitaria Integrata, Verona

Hanno collaborato: M.A. Ambruzzi, A. Balsamo, S. Bellone, M. Bergamini, S. Bernasconi, G. Bona, V. Calcaterra, T. Canali, M. Caroli, F. Chiarelli, N. Corciulo, A. Crinò, P. Di Bonito, V. Di Pietrantonio, M. Di Pietro, A. Di Sessa, A. Diamanti, M. Doria, D. Fintini, R. Franceschi, A. Franzese, M. Giussani, G. Grugni, D. Iafusco, L. Iughetti, A. Lamborghini, MR. Licenziati, R. Limauro, G. Maltoni, M. Manco, L. Marchesini Reggiani, L. Marcovecchio, A. Marsciani, E. Miraglia del Giudice, A. Morandi, G. Morino, B. Moro, V. Nobili, L. Perrone, M. Picca, A. Pietrobelli, F. Privitera, S. Purromuto, L. Ragusa, R. Ricotti, F. Santamaria, C. Sartori, S. Stilli, ME. Street, R. Tanas, G. Trifirò, G. Umano, A. Vania, E. Verduci, E. Zito

Ringraziamenti

Si ringraziano F. Cerutti, Presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, G. Corsello, Past President della Società Italiana di Pediatria e A. Villani, Presidente della Società Italiana di Pediatria per la realizzazione di questo documento.

Si ringraziano i Presidenti delle Società scientifiche e delle Associazioni pediatriche per la partecipazione: F. Caretto, Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica; C. Catassi, Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica; G. Chiamenti, Federazione Italiana Medici Pediatri; G. Di Mauro, Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale; P. Garofalo, Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza; M. Picca, Società Italiana delle Cure Primarie; E. Riva, Società Italiana di Nutrizione Pediatrica; P. Sbraccia, Società Italiana di Obesità; F. Zanetto, Associazione Culturale Pediatri.

Si ringraziano gli appartenenti al Gruppo di Studio Obesità Infantile della SIEDP per i loro commenti e suggerimenti: V. Bianchi, A. Bobbio, M. Bruzzese, C. Buongiovanni, P. Buono, A. Calcagno, G. Cuccarolo, O. D’Amico, E. De Nitto, G. Filannino, F. Franco, D. Galeazzi, LF. Giusti, A. Gualtieri, R. Lera, S. Lucchesi, E. Modestini, E. Mozzillo, L. Nanni, MC. Pellegrin, S. Peruzzi, P. Peverelli, B. Predieri, I. Rabbone, MC. Salerno, S. Stagi, M. Sticco, G. Tornese, P. Yannacou.




Introduzione

L’elevata prevalenza e persistenza dell’obesità in età pediatrica e la coesistenza di complicanze fisiche e psicosociali rendono la prevenzione e la cura dell’obesità obiettivi sanitari prioritari. Al fine di rendere più incisivo e uniforme l’intervento diagnostico, terapeutico e preventivo dell’obesità in età evolutiva, è necessario che il pediatra disponga di criteri di riferimento aggiornati e condivisi, basati sull’evidenza scientifica. A tal scopo la Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) e la Società Italiana di Pediatria (SIP), con la partecipazione di numerose Società scientifiche accumunate dall’obiettivo di contrastare l’obesità pediatrica, hanno realizzato una seconda edizione della Consensus su diagnosi, terapia e prevenzione dell’obesità del bambino e dell’adolescente, quale aggiornamento della Consensus pubblicata nel 2006. Il presente articolo rappresenta una sintesi del documento integrale pubblicato sul sito della SIP (www.sip.it), a cui si rimanda il lettore interessato ad un approfondimento del testo, delle fonti bibliografiche, dei livelli di evidenza scientifica e della forza delle raccomandazioni.




Criteri diagnostici per la definizione
di sovrappeso, obesità e obesità grave

La definizione di sovrappeso/obesità si basa sull’uso dei percentili del rapporto peso/lunghezza o dell’indice di massa corporea, a seconda del sesso e dell’età. Nel bambino fino a 24 mesi la diagnosi si basa sul rapporto peso/lunghezza, utilizzando le curve di riferimento OMS 2006, mentre nelle età successive si basa sull’uso dell’indice di massa corporea (BMI) utilizzando le curve di riferimento OMS 2006 fino a 5 anni e OMS 2007 dopo i 5 anni (Tabella 1). La raccomandazione di usare le curve OMS si basa sulla necessità di proporre un sistema che, nonostante non sia un modello ideale con cui confrontare la crescita di singoli bambini o di gruppi di essi, presenta maggiore sensibilità nell’individuare bambini e adolescenti obesi, in un periodo di particolare serietà dell’epidemia dell’obesità pediatrica in Italia. Le soglie italiane di BMI infatti sottostimano la prevalenza di obesità rispetto a quelle dell’OMS, probabimente perché le misurazioni su cui sono basate sono avvenute dopo l’aumento epidemico dell’obesità.

Il cut-off per definire l’obesità grave è rappresentato dal valore di BMI >99° percentile. Il 99° percentile del BMI identifica soggetti con maggiore prevalenza di fattori di rischio cardiometabolici e rischio di persistenza dell’obesità grave in età adulta. L’uso alternativo delle percentuali del 95° percentile necessita di maggiore valutazione.

Obesità secondarie

Il sospetto di obesità secondaria insorge dopo un’attenta valutazione anamnestica, antropometrica e clinica. L’obesità può riconoscere una causa endocrina, ipotalamica, genetica (sindromica o monogenica) o iatrogena. È quindi necessario valutare la storia clinica e l’esame obiettivo alla ricerca di segni e sintomi peculiari: 1) esordio dell’ obesità prima dei 5 anni e/o rapida progressione, soprattutto se associati a elementi che fanno supporre la presenza di cause secondarie, in particolare di forme genetiche; 2) incremento ponderale costante e/o rapido associato a rallentamento o arresto della velocità di crescita staturale e/o bassa statura; alcune forme monogeniche presentano statura alta o normale; 3) ritardo dello sviluppo cognitivo comune nelle forme sindromiche e in alcune forme endocrine precoci; 4) la presenza di dismorfismi indirizza il sospetto diagnostico verso forme sindromiche; 5) assunzione di farmaci, quali corticosteroidi, valproato di sodio, risperidone, fenotiazine, ciproeptadina.

La diagnosi deve essere supportata da esami strumentali e specifiche indagini genetiche. Alcune sindromi associate a disordini cromosomici (trisomia 21, Klinefelter, Turner) possono presentare obesità. Le obesità monogeniche, per quanto non comuni, rappresentano le cause di obesità ad esordio precoce più frequenti rispetto alle cause endocrine e a quelle sindromiche. L’incremento ponderale è dovuto ad una disregolazione del circuito fame-sazietà.







Comorbilità dell’obesità pediatrica

Ipertensione arteriosa

La misurazione della pressione arteriosa è raccomandata nei bambini con sovrappeso e obesità a partire dall’età di 3 anni. Poiché la pressione arteriosa varia in funzione di sesso, età, etnia e grado di obesità, la prevalenza dell’ipertensione nell’obesità è eterogenea (7-30%). Lo screening può essere anticipato in bambini <3 anni se vi è una storia di complicanze neonatali, malformazioni cardiache, malattie genetiche, malattie renali congenite o acquisite, neoplasie, uso di farmaci, malattie che inducono aumento della pressione intra-cranica. Se normale, la pressione arteriosa va controllata ogni anno, o con controlli più ravvicinati se si verifica un rapido aumento di peso o la comparsa di comorbilità metaboliche.

La definizione di elevati livelli pressori richiede l’uso di tabelle che esprimono per sesso ed età i percentili di pressione arteriosa sistolica e diastolica in funzione dei percentili di statura. La definizione di valori elevati di pressione sistolica (PAS) e diastolica (PAD) si basa sulle indicazioni del National High Blood Pressure Education Program Working Group on High Blood Pressure in Children and Adolescents e della Società Europea dell’Ipertensione (Tabella 2). In presenza di ipertensione è necessario differenziare le forme primitive, soprattutto associate a eccesso ponderale e più frequenti nella seconda infanzia e adolescenza, da quelle secondarie, prevalenti nei bambini più piccoli. Nefropatie, patologie nefrovascolari e coartazione aortica rappresentano il 70-90% delle cause di ipertensione secondaria in età pediatrica. Diversi farmaci (steroidi, eritropoietina, teofillina, beta-stimolanti, ciclosporina, tacrolimus, antidepressivi triciclici, antipsicotici, inibitori della monoaminossidasi, decongestionanti nasali, contraccettivi orali, androgeni) possono aumentare la pressione arteriosa. In caso di ipertensione in stadio I confermata in tre diversi controlli, è raccomandato il dosaggio di urea, creatinina, elettroliti, glicemia, lipidi, emocromo, esame delle urine, rapporto albumina/creatinina. La misura del filtrato glomerulare mediante formule è consigliata per monitorare la funzionalità renale. L’ecocardiogramma è consigliato per valutare l’eventuale presenza di danno d’organo. In caso di ipertensione in stadio II, è necessaria la consulenza specialistica.

Prediabete e diabete di tipo 2

Lo screening del prediabete e del diabete di tipo 2 è raccomandato in tutti i bambini e adolescenti con sovrappeso e obesità a partire dall’età di 6 anni attraverso la misurazione della glicemia a digiuno. I criteri per la diagnosi di prediabete, cioè di alterata glicemia a digiuno o intolleranza al glucosio, e di diabete di tipo 2 (T2D) sono riassunti nella Tabella 3. Poiché studi nazionali indicano che i casi di prediabete sono già presenti in bambini obesi <10 anni e prepuberi, si suggerisce di iniziare lo screening a partire dall’età di 6 anni misurando la sola glicemia a digiuno in tutti i bambini e adolescenti con sovrapeso o obesità, e di riservare la curva da carico orale di glucosio (OGTT) dopo l’età di 10 anni o comunque in pubertà in soggetti sovrappeso/obesi con rischio effettivo di prediabete o T2D (Tabella 4). L’uso della sola emoglobina glicosilata per la diagnosi di prediabete o diabete è controverso in età pediatrica. Poiché la presenza di steatosi epatica non alcolica o la coesistenza di più alterazioni metaboliche si associano in modo significativo al prediabete, si propongono alcune integrazioni alle raccomandazioni dell’American Diabetes Association per l’esecuzione dell’OGTT (Tabella 4). Lo screening del prediabete/diabete va ripetuto dopo 3 anni, se negativo, o con controlli più frequenti se si verifica un rapido aumento di peso o la comparsa di altre comorbilità cardio-metaboliche.







Dislipidemia

La misurazione di colesterolo, HDL-colesterolo e trigliceridi è raccomandata in tutti i bambini/adolescenti con obesità a partire dall’età di 6 anni. Alti livelli di trigliceridi o bassi livelli di HDL-colesterolo sono presenti nel 25-30% dei bambini obesi italiani. Lo screening dei lipidi va ripetuto dopo 3 anni, se negativo, o con controlli più frequenti se si verifica un rapido aumento di peso o la comparsa di altre comorbilità cardiometaboliche.

In assenza di dati di riferimento nazionali, la diagnosi di iperlipidemia si basa sui criteri proposti dall’Expert Panel on Integrated Guidelines for Cardiovascular Health and Risk Reduction in Children and Adolescents. I valori per la definizione di dislipidemia proposti dall’Expert Panel sono indicati nella Tabella 5. Accanto a questi indicatori, il rapporto trigliceridi/HDL-colesterolo >2,2 può rappresentare un marker di dislipidemia aterogena e di alterato profilo di rischio cardio-metabolico nei bambini italiani con obesità.




Complicanze gastroenterologiche

Steatosi epatica non alcolica

Si suggerisce il dosaggio delle transaminasi e l’esecuzione di un’ecografia epatobiliare in tutti i bambini/adolescenti con obesità a partire dall’età di 6 anni. La prevalenza di steatosi epatica non alcolica nei bambini obesi è 38-46%. Il riscontro di iperecogenicità epatica all’ecografia, con o senza elevazione delle ALT (> 25 U/L nei maschi; >22 U/L nelle femmine) pone il sospetto di steatosi. In questo caso si raccomanda la riduzione del peso e controllo a 6 mesi. Se nonostante il calo ponderale persiste iperecogenicità epatica e/o ipertransaminasemia, vanno escluse altre possibili cause di epatopatia (epatite virale, malattia di Wilson, epatite autoimmune, deficit di AT-1, ecc.). Se persistono valori di ALT >2 volte i valori normali, la valutazione è di competenza gastroenterologica pediatrica. Il gold standard per la diagnosi è la biopsia epatica, ma la sua invasività e le possibili complicanze ne limitano l’uso in casi selezionati dal gastroenterologo/epatologo pediatra.

Nella pratica clinica non è attualmente raccomandato l’uso di marker biochimici (es. RBP4, citocheratina 18, acido ialuronico) come indicatori di danno istologico epatico, di score clinico-laboratoristici (PNFS, PNFI) per la valutazione del rischio evolutivo e di indagini strumentali non invasive (spettroscopia RM, TC, elastografia RM, elastografia US).

Si suggerisce di estendere lo screening della steatosi epatica anche ai bambini in sovrappeso con rapporto vita/statura > 0,5 e di ripetere le indagini ogni anno.

Litiasi biliare

Mancano prove sufficienti per raccomandare lo screening della litiasi biliare. La prevalenza della litiasi biliare è circa 2% nei bambini/adolescenti obesi e del 5,9% in presenza di brusco calo di peso. La patologia, spesso di riscontro casuale, è sintomatica nel 20% dei casi. La diagnosi si avvale del dosaggio di ALT, AST, GGT, ALP, bilirubinemia e dell’ecografia epatobiliare in caso di sintomatologia.

Reflusso gastroesofageo

Il reflusso gastroesofageo va ricercato in presenza di sintomi suggestivi: pirosi, epigastralgia, rigurgito. La prevalenza di reflusso gastroesofageo nei bambini e adolescenti obesi è 13-25% (diagnosi su questionari). In presenza di sintomi suggestivi di reflusso (pirosi, epigastralgia, rigurgito), l’ottenimento del calo ponderale può migliorare la sintomatologia. In caso di persistenza dei sintomi nonostante il calo ponderale o in presenza di una sintomatologia più grave (disfagia, vomito), si consiglia la consulenza specialistica. La radiografia con contrasto del tratto digerente, l’endoscopia, la pH-metria o pH-impedenzometria possono essere necessari per la diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo.

Sindrome dell’ovaio policistico

Le componenti della sindrome dell’ovaio policistico vanno ricercate in tutte le adolescenti con obesità con almeno 2 anni dal menarca. La sindrome dell’ovaio policistico si manifesta con segni clinici di iperandrogenismo (irsutismo, acne, alopecia) e disfunzione ovarica (oligo/amenorrea). Nelle donne adulte la diagnosi viene posta in presenza di almeno 2 tra i seguenti criteri: a) oligo-ovulazione e/o anovulazione; b) segni clinici e/o biochimici di iperandrogenismo; c) ovaio policistico, ed escludendo altre patologie ipofisarie, surrenaliche o tumori secernenti androgeni. In epoca adolescenziale non esiste al momento una definizione condivisa, pertanto si suggerisce di intervenire precocemente sulle singole componenti; il trattamento è di competenza del pediatra endocrinologo. I test dinamici e gli esami strumentali per escludere altre patologie ovariche o surrenaliche vanno scelti in base alla presentazione clinica. La sindrome si associa ad aumentato rischio di infertilità, T2D, sindrome metabolica e malattia cardiovascolare in età adulta.







Complicanze respiratorie

Segni e sintomi respiratori vanno ricercati, soprattutto in presenza di ipertrofia adeno-tonsillare. Il bambino con obesità può presentare asma bronchiale, disturbi respiratori nel sonno e sindrome da obesità-ipoventilazione. In particolare, la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno è riportata nel 13-59% dei bambini/adolescenti obesi, nei quali l’ipertrofia adeno-tonsillare e le anomalie cranio-faciali possono modularne la gravità. La sindrome da obesità-ipoventilazione è stata descritta nel 3,9% dei bambini con obesità.

Il bambino con obesità può riferire sintomatologia asmatica, anche dopo sforzi moderati, respiro sibilante e dolore toracico. Un’alterata respirazione durante il sonno si associa invece a specifiche problematiche e segni clinici: russamento/respiro rumoroso (>3 notti/settimana), respirazione orale, congestione nasale, rinolalia, movimenti paradossi toraco-addominali, bruschi risvegli notturni con senso di soffocamento, sonno agitato, cianosi, difficoltà respiratoria, sudorazione profusa, enuresi, difficoltà di risveglio al mattino, sonnolenza diurna, cefalea al risveglio che può perdurare durante il giorno, incapacità di concentrazione, ridotto rendimento scolastico, iperattività, aggressività, deficit cognitivi. Raramente, nei casi più severi sono stati descritti ipertensione polmonare, cuore polmonare, ipertensione arteriosa sistemica, ritardo di crescita. La sindrome da obesità-ipoventilazione è caratterizzata da obesità grave, ipoventilazione diurna, pattern funzionale misto ostruttivo-restrittivo, ipercapnia diurna e ipossiemia arteriosa, in assenza di altre malattie polmonari, neuromuscolari, del metabolismo o della gabbia toracica.

In caso di segni/sintomi clinici respiratori va determinata la saturazione transcutanea di O2; se <95% va praticata emogasanalisi su sangue arterioso. Nel sospetto di asma e/o altra disfunzione ventilatoria va misurata la funzionalità respiratoria (spirometria, pletismografia, test del cammino per 6 minuti). La valutazione allergologica non è necessaria, a meno di manifestazioni atopiche personali e familiari, così come la misura dell’ossido nitrico esalato. La polisonnografia notturna è ritenuta il gold standard per la diagnosi di disturbi del sonno; l’indice apnea/ipopnea (rapporto tra numero totale di episodi di apnea/ipopnea e durata del sonno in ore) ne indica la gravità. In alternativa può essere utilizzata la pulsossimetria notturna, molto specifica ma poco sensibile. Possono essere necessarie valutazioni otorinolaringoiatrica o odontoiatrica. Nella sindrome delle apnee ostruttive di grado severo e di lunga durata si suggerisce l’esecuzione di Holter pressorio delle 24 ore, elettrocardiogramma ed ecocardiografia. L’esecuzione di test cognitivi può essere necessaria per valutare danni neurocognitivi e disturbi comportamentali conseguenti ai disturbi del sonno.

Complicanze ortopediche

Le complicanze ortopediche vanno ricercate in presenza di dolore muscolo-scheletrico e limitazione articolare a livello degli arti inferiori. La gravità dell’eccesso ponderale associata alla sedentarietà influenza la morfologia delle strutture osteo-cartilaginee e della cartilagine di accrescimento, con conseguenze ortopediche anche gravi. Le principali complicanze sono epifisiolisi, tibia vara o morbo di Blount, ginocchio valgo, piede piatto.

L’epifisiolisi si manifesta con dolore alla deambulazione, dolore alla coscia o al ginocchio, zoppia, riduzione della motilità dell’anca affetta nella rotazione interna, abduzione e flessione. La tibia vara si presenta con deformità in varismo della gamba; segno di sospetto è l’instabilità del ginocchio nel cammino che simula una zoppia. In tutti i casi l’esame radiografico è dirimente per la diagnosi. Nel ginocchio valgo il segno di sospetto è la deformità dell’angolo femoro-tibiale in valgismo, mentre nel piede piatto si ha riduzione della volta plantare con deformità in valgo del retropiede; i sintomi sono facile stancabilità nel cammino, dolore nella porzione mediale del piede e fasciti plantari ricorrenti. Le indagini diagnostiche strumentali sono la radiografia del piede e la valutazione su podoscopio.

Anche se l’obesità può esporre a maggior rischio di frattura, non è raccomandato misurare la densità ossea per una stima del rischio. Inattività, anomalie nella biomeccanica della deambulazione, inadeguato controllo dell’equilibrio possono esporre il bambino obeso a caduta e di conseguenza a frattura, soprattutto dell’avambraccio. Non ci sono evidenze che l’obesità determini riduzione della densità ossea: alcuni studi hanno descritto contenuto minerale osseo aumentato o normale, altri hanno riportato una massa ossea ridotta in relazione alla grandezza dell’osso e al peso.

Complicanze renali

Mancano prove sufficienti per raccomandare lo screening delle complicanze renali in bambini/adolescenti obesi non diabetici e non ipertesi. Alla luce delle attuali evidenze non è raccomandata la valutazione della microalbuminuria nel bambino obeso non diabetico e non iperteso. Restano da valutare individualmente casi di obesità grave (BMI >40), che possono presentare proteinuria nel range nefrotico.

Ipertensione endocranica idiopatica

Nei soggetti con sovrappeso/obesità, soprattutto adolescenti, va cercata la presenza di cefalea, vomito, fotofobia, visione transitoriamente offuscata, diplopia. L’ipertensione endocranica idiopatica è una condizione rara ma potenzialmente grave che può causare perdita definitiva della vista. La prevalenza e il rischio di ricorrenza aumentano con la gravità dell’eccesso ponderale. La sintomatologia negli adolescenti è simile agli adulti (cefalea, vomito, fotofobia, visione transitoriamente offuscata, diplopia), mentre nei bambini è vaga (irritabilità, apatia, sonnolenza, vertigini, dolore cervicale e dorsale). Dopo aver escluso le cause secondarie, la diagnosi si basa sulla presenza di aumentata pressione endocranica in decubito laterale e di papilledema, con normalità dell’esame neurologico (tranne dei nervi cranici), della composizione del liquor e del parenchima cerebrale alla risonanza magnetica nucleare.

Emicrania e cefalea cronica

La promozione di abitudini di vita salutari e il controllo del peso possono rappresentare un fattore protettivo dal rischio di emicrania e cefalea cronica. Recenti studi hanno riportato maggior rischio di emicrania episodica o ricorrente nei bambini e adolescenti obesi rispetto ai normopeso e, con evidenze meno robuste, di cefalea cronica quotidiana o di tipo muscolo-tensivo. Alcuni farmaci usati per la terapia della cefalea e dell’emicrania possono avere come effetto collaterale l’incremento di peso. Uno studio di intervento ha riportato un miglioramento dei sintomi di emicrania in adolescenti obesi con il calo di peso.

Correlati psicosociali

Il disagio psicosociale correlato all’obesità può influenzare il successo terapeutico, pertanto va individuato nell’ambito di una valutazione multi-disciplinare del bambino/adolescente obeso. Il riconoscimento di correlati psicosociali, come immagine corporea insoddisfacente, sintomi depressivi e ansiosi, perdita di controllo nell’assumere cibo, preoccupazione per il peso, relazioni sociali disfunzionali, significativa riduzione dell’attività fisica a causa di un’immagine corporea problematica, stigma legato all’obesità, bassa autostima, insuccesso scolastico è fondamentale per promuovere strategie specifiche che migliorino i risultati nei programmi di perdita del peso. Anche se l’obesità non è un disturbo psicopatologico e comportamentale, in presenza di sospetti quadri depressivi e/o ansiosi, tratti dismorfofobici, rischio suicidario e disordini della condotta alimentare è indispensabile l’intervento del neuropsichiatra infantile e/o dello psicologo clinico.

Disturbo da alimentazione incontrollata

Il riconoscimento di un disturbo d’alimentazione incontrollata va considerato nel processo di valutazione multi-professionale di un bambino/adolescente obeso. Il disturbo d’alimentazione incontrollata è il più frequente disturbo della nutrizione e dell’alimentazione nella popolazione pediatrica con obesità. La sua presenza è indicativa di psicopatologia ed è un serio fattore di rischio per lo sviluppo di obesità, soprattutto in presenza di storia familiare di obesità e di marcate esperienze negative, unite a fattori predisponenti i disturbi psichiatrici. Spesso è preceduto da alimentazione incontrollata sin dall’infanzia, crisi bulimiche occasionali, obesità, ma anche da disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Il riconoscimento del disturbo d’alimentazione incontrollata, che spetta al neuropsichiatra infantile e/o allo psicologo clinico, è fondamentale per il successo terapeutico. La terapia psicologica e in alcuni casi farmacologica va comunque associata al programma di cura dell’eccesso ponderale