Il bambino multilingue

nello studio del pediatra

I vantaggi mentali del bilinguismo persistono in età adulta

e sono stati riscontrati anche negli anziani

che sono cresciuti con due lingue dall’infanzia.

Milena LoGiudice1,

Roberto Raschetti2,

Marina Picca3

1 Pediatra di Famiglia, Palermo – SICuPP

2 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Pavia

3 Pediatra di Famiglia, Milano – SICuPP




Introduzione

Negli ultimi decenni il panorama sociale e culturale mondiale è andato incontro a una profonda trasformazione: a causa dei flussi migratori si è, infatti, costituita anche in Italia una società multiculturale e multietnica che, fra tutte le altre caratteristiche, risulta essere, inevitabilmente, anche multilingue. Il multilinguismo è ormai un dato di fatto e si stima che circa i ⅔ della popolazione mondiale sia in grado di parlare e comprendere più di due lingue.

Proprio per questo motivo quotidianamente nei nostri ambulatori capita di confrontarsi con genitori che hanno scelto di avviare i propri bambini all’apprendimento di una seconda lingua già nei primi anni di vita, o perché uno o entrambi i genitori sono stranieri o semplicemente perché ritengono che possa costituire un arricchimento e offrire migliori opportunità. Anche a scuola lo studio di una lingua straniera è introdotto già dalla scuola materna e continua lungo tutto il percorso di studi fino all’Università.

Definizioni

Si definisce multilingue un soggetto in grado di comunicare attraverso più di una lingua, sia attivamente (attraverso la parola, la scrittura o il canto) che passivamente (attraverso l’ascolto, la lettura), chiaramente si parlerà quindi di bilingue o trilingue in base al numero di lingue coinvolte. Il bilinguismo, in senso stretto, è l’essere in grado di parlare utilizzando alternativamente due codici linguistici diversi. In base all’epoca di acquisizione della seconda lingua, possiamo distinguere il bilinguismo precoce, che può essere simultaneo o consecutivo, e il bilinguismo tardivo. Si parla di bilinguismo precoce quando il bambino apprende la lingua in età prescolare, dunque prima di studiarne la grammatica come ad esempio nel caso di figli nati da coppie in cui le due lingue sono presenti fin dalla nascita del bambino. Se l’acquisizione delle due lingue avviene in modo simultaneo fin dalla nascita del bambino, si parlerà di bilinguismo simultaneo, mentre qualora la seconda lingua sia introdotta nell’ambiente dopo i tre anni si parlerà di bilinguismo consecutivo. In caso di bilinguismo tardivo, prima si acquisisce la lingua madre e solo successivamente la seconda lingua, in genere dopo i 6 anni, come nel caso dei bambini figli di immigrati o adottati provenienti da paesi esteri e dei bambini che apprendono una seconda lingua a scuola (Tabella 1). Si parla infine di bilinguismo passivo quando una delle due lingue viene solo compresa ma il parlante non è in grado di riprodurla oralmente.




Multilinguismo:

pregiudizi e false conoscenze

Sul bilinguismo esistono pregiudizi e false conoscenze:

“Imparare più lingue dalla nascita creerà confusione nel bambino?”;

“Mio figlio bilingue farà più fatica degli altri a imparare a parlare?”;

“Tutte queste lingue saranno un problema per la sua identità?”;

“Il bilinguismo può determinare un disturbo del linguaggio?”.

Sui miti errati riguardanti il bilinguismo studi scientifici recenti hanno ormai fatto luce, ed in letteratura sono state pubblicate approfondite review sul tema del multilinguismo. È stata definitivamente dimostrata falsa la convinzione che l’apprendimento di più lingue possa confondere il bambino: infatti, in molte nazioni dove è comune che i bambini vengano esposti a multiple lingue sin dalla nascita non si verifica una maggiore incidenza di disturbi del linguaggio. Bambini cresciuti e educati in un ambiente caratterizzato da un linguaggio qualitativamente elevato, in cui più lingue sono valorizzate e utilizzate in modo continuo, sperimenteranno benefici cognitivi e sociali, e potenzialmente anche economici.

Il cervello del bambino bilingue

Le reti neuronali relative alla gestione delle competenze linguistiche si trovano prevalentemente in quattro aree fondamentali dell’encefalo (il giro frontale inferiore sinistro, la corteccia cingolata anteriore, il corpo striato e una parte della corteccia parietale), le stesse aree che sostengono la rete del controllo cognitivo dei processi di pianificazione di attenzione e di organizzazione, le cosiddette “funzioni esecutive” che utilizziamo tutte le volte che vogliamo o dobbiamo risolvere un compito nuovo. I bambini multilingue imparano a leggere più precocemente e le abilità di lettura si trasferiscono da una lingua all’altra. Di conseguenza i bambini bilingue hanno migliori capacità attentive ed esecutive ed un migliore rendimento scolastico. L’effetto è particolarmente forte quando la lingua aggiuntiva è introdotta prima dei cinque anni di età. Il bilinguismo infantile è, infatti, diverso dall’apprendimento di una seconda lingua in età adulta, essendo un processo spontaneo che ha luogo se il bambino ha la possibilità di sentire spesso due lingue e motivazione a usarle dall’infanzia. Un interessante studio ha dimostrato che i bambini bilingue di pochi mesi distinguono i suoni e le parole delle due lingue anche quando sono simili. Il cervello del bambino è, infatti, perfettamente capace di ‘gestire’ due o più lingue contemporaneamente, i bambini bilingue in genere non mescolano le due lingue (anche se spesso lo possono fare volontariamente) e anche qualora questo avvenga (interferenze linguistica o code-mixing, cioè passaggio da un codice linguistico ad un altro all’interno della stessa frase), non indica confusione linguistica ma anzi è indicativo di un aumentato controllo linguistico e cognitivo.




Risulta inoltre erronea la convinzione che i genitori di bambini che stanno apprendendo una seconda lingua debbano parlare anch’essi tale lingua, anche se non ne possiedono totale padronanza. Come i bambini che crescono parlando una sola lingua, i bambini multilingue apprendono meglio quando ascoltano notevoli quantità di discorsi di svariata natura, complessi e dinamici riguardo eventi passati di loro interesse. Questo è quello che viene chiamato un ambiente linguistico qualitativamente elevato. Un genitore che non possiede una buona padronanza di una lingua ha difficoltà nella comunicazione di base e questo rende difficile, se non impossibile, fornire al bambino un’esperienza positiva e arricchente. Il sentire parlare una lingua fluentemente e correttamente aiuterà il bambino nello sviluppo del linguaggio molto più che un’esposizione ad una lingua limitata, semplice e superficiale. E proprio per questo motivo, è importante che il genitore parli al proprio bambino nella lingua di cui ha più padronanza anche e soprattutto se si tratta di una lingua di minoranza. I bambini bilingue tendono inoltre ad avere una maggiore e precoce consapevolezza che gli altri possano vedere le cose da una prospettiva diversa dalla loro (decentramento cognitivo). Questo deriva dalla pratica costante di adattare la scelta della lingua al tipo di persona con cui si parla, sviluppando, quindi, una maggior consapevolezza dell’altro e una maggiore flessibilità mentale. Si è visto infine che i vantaggi mentali del bilinguismo persistono in età adulta e sono stati riscontrati anche negli anziani che sono cresciuti con due lingue dall’infanzia. Ci sono evidenze sul fatto che il bilinguismo possa ritardare il declino cognitivo (sia normale che patologico) nella terza età e diversi studi hanno dimostrato che i parlanti bilingui anziani hanno migliori capacità cognitive dei coetanei monolingui.




Possibili svantaggi del bilinguismo

Alcuni bambini bilingue iniziano a parlare con qualche ritardo rispetto ai coetanei, ma entro i limiti della normalità. Qualora si volesse valutare il vocabolario, questi bambini hanno un numero di parole più ristretto in ciascuna lingua rispetto ai monolingui, anche se il vocabolario complessivo nelle due lingue può essere più ampio.

Un aspetto particolare, importante dal punto di vista psicologico, è che il bambino bilingue può avere talvolta un accento percepito dagli altri come “straniero” in tutte le lingue parlate. Questo accade quando il bambino acquisisce fin dalla lallazione dei suoni intermedi nella produzione di vocali e consonanti e quando questi non sono corretti durante la crescita. A causa di vecchie teorie, si riteneva che il bilinguismo favorisse l’insorgenza di disturbi dell’apprendimento e della letto-scrittura Quando un bimbo manifestava disturbi di questo tipo, si consigliava ai genitori di abbandonare a torto la seconda lingua concentrandosi su una sola, non considerando che chiedere a una famiglia di rinunciare a una lingua può compromettere l’identità del bambino, il suo equilibrio e il benessere della famiglia stessa. La lingua, infatti, non è solo uno strumento di designazione oggettiva delle cose ma ha una forte carica affettiva che influisce in qualche modo sulla qualità della relazione genitore-figlio. Ciò vale in particolare per quei genitori che non possiedono una buona padronanza della lingua del paese ospitante e che, perciò, in questo modo fornirebbero un modello linguistico scorretto e poco efficace al bambino. Ogni genitore quindi deve essere fortemente incoraggiato a parlare con il proprio bambino utilizzando la propria lingua madre, che è la lingua degli affetti e dei legami fra i genitori e i figli. E’ inoltre di fondamentale importanza, al fine di non trasmettere confusione ai figli, che ogni genitore utilizzi sempre la stessa lingua: un genitore-una lingua. Va infine sottolineato che per poter diagnosticare un disturbo di linguaggio deve esserci una significativa difficoltà in tutte le lingue conosciute dal bambino. Nel caso in cui ci sia una difficoltà SOLO in una lingua, si parlerà di ritardo di acquisizione della seconda lingua (L2).

Quando introdurre una seconda lingua? quali strumenti?

Anche sulle tempistiche di introduzione della seconda lingua esistono molti dubbi tra i genitori. La risposta è una ed è semplice: prima lo si fa, meglio è. Aspettando troppo, infatti, si rischierebbe di perdere i benefici cognitivi che il bilinguismo può apportare pur essendo stato dimostrato che anche il bilinguismo consecutivo avvantaggia i bambini dal punto di vista cognitivo. Non ha senso aspettare che una lingua si sia stabilizzata prima di introdurre la seconda: come detto sopra, il bambino è in grado già dalla nascita di gestire più lingue contemporaneamente senza sforzo e senza creare confusione. È altresì necessario, per la corretta acquisizione di una seconda lingua, che il tempo di esposizione ad essa sia superiore al 30% di quello che il bambino trascorre interagendo con gli altri e che l’esposizione deve essere costante durante tutto lo sviluppo (infanzia e adolescenza) altrimenti, com’è naturale, potrà essere dimenticata.

Il bisogno di comunicare con più lingue ha inoltre un’importanza cruciale, l’uso delle diverse lingue deve essere costantemente messo in pratica. Il bambino bilingue dovrebbe trovarsi regolarmente in situazioni in cui sia costretto a parlare una delle due lingue conosciute, in modo da tener sempre presente quanto gli sia utile e necessaria per comunicare.

Alcuni strumenti per aiutare e motivare i bambini possono essere:

frequentazione se possibile di parenti e amici stranieri;

partecipazione ad attività e gruppi di gioco in lingua;

l’utilizzo a partire dai 7–8 anni di giochi (anche al computer);

visione di cartoni animati;

nella primissima infanzia cantare canzoni (tipo ninna nanna), leggere favole in una seconda lingua.

Quello che resta fondamentale è l’aspetto affettivo e relazionale. I bambini apprendono e fanno le cose all’interno di un rapporto affettivo e significativo con i propri genitori e familiari, tutte le altre figure possono essere di supporto e di corredo, ma non sono i “depositari” dell’apprendimento. Va infine detto che avere genitori che parlano lingue diverse non garantisce di per sé il bilinguismo: i bambini hanno bisogno di sentir parlare entrambe le lingue in misura sufficiente, per questo si rendono necessari impegno e coerenza da parte delle famiglie e della scuola.

Conclusioni

Abbiamo visto quindi come il bilinguismo sia un investimento che offre al bambino molto più della competenza in due lingue.

I vantaggi linguistici e cognitivi offerti dall’uso attivo di due lingue sono ottimi motivi per incoraggiare il bilinguismo nella prima infanzia e per mantenere attive anche le lingue minoritarie. Sarà necessario quindi modificare l’atteggiamento nei confronti del bilinguismo: una corretta informazione tra le famiglie, gli insegnanti e gli studenti, il personale sanitario, gli amministratori e i politici può far sì che molti più bambini possano crescere bilingue. La Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP) ha elaborato un poster ‒ scaricabile dal sito www.sicupp.org ‒ che riassume, in modo semplice come “parlare più lingue faccia crescere di più”. Il pediatra di famiglia consapevole degli enormi vantaggi cognitivi, culturali e sociali, dovrà quindi agire da facilitatore nell’incoraggiare i genitori stranieri a parlare con i propri figli utilizzando la rispettiva lingua madre, e i genitori isoculturali ad esporre i bambini ad almeno una seconda lingua quanto più precocemente possibile ●

Gli autori dichiarano di non avere

nessun conflitto di interesse.

Bibliografia

1. Abdelilah-Bauer, B. Guida per genitori di bambini bilingui. Milano: Raffaello Cortina, 2013.

2. McCabe A, Tamis-LeMonda CS, Bornstein MH et al for Society for Research in Child Development. Multilingual children: beyond myths and toward best practices. Social Policy Report 2013;27(4):1–36.

3. Gagliano A. Bilinguismo un’opportunità per la vita. Il Pediatra. Tecniche nuove 2014;8-12.

4. Sorace A. Pinning down the concept of “interface” in bilingualism. Linguistic Approaches to Bilingualism 2011;1-33.

5. Bilingualism Matters http://www.bilingualism-matters.org.uk